Forum anti-sette e i sequestri di persona – 2° atto

Sequestrare è lecito

Un’indagine farsa dove la querelante viene indagata, mentre gli anti-sette/sequestratori non vengono indagati e danno “consulenza” agli inquirenti. Cronaca di un proscioglimento pilotato.

Si consiglia di leggere il precedente articolo (Forum anti-sette e i sequestri di persona – 1° atto) per una migliore comprensione della vicenda di cui stiamo parlando.

In breve, si tratta di un sequestro di persona organizzato dall’associazione anti-sette ARIS fondata nell’87 dal brianzolo Ennio Malatesta. Si documenta anche che le odierne associazioni ARIS Toscana e ARIS Veneto, componenti del Forum anti-sette, referenti della S.A.S. (Squadra Anti Sette del Ministero dell’Interno ) e rappresentati italiani della FECRIS (associazione anti-sette Europea) siano gli eredi di quell’ ARIS oroginaria, e come alcuni di loro fossero coinvolti in quel fatto delittuoso e siano tutt’ora connessi al sequestratore/deprogrammatore Ennio Malatesta.

Con una lettera (http://favisonlus.wordpress.com/2012/11/26/per-fare-chiarezza-su-un-caso-di-deprogrammazione-in-italia/) pubblicata sul suo blog il 26 dicembre 2012, il portavoce del Forum anti-sette, Maurizio Alessandrini, ha cercato vanamente di rinnegare quel passato scomodo.

Facendo riferimento a passaggi di quella lettera, nel precedente articolo abbiamo concluso dicendo che in questa secondo atto avremmo scritto riguardo la difesa “del presidente dell’ARIS Italia, Ennio Malatesta”, da parte di Alessandrini, a nome del Forum anti-sette, Per fare definitiva chiarezza su questo caso di deprogrammazione”.

Anche noi ci prefiggiamo di fare chiarezza sulla vicenda. Dopo aver documentato il fatto che l’ARIS dei deprogrammatori-sequestratori è tutt’ora parte del Forum anti-sette, vedremo ora come si è svolta l’indagine poliziesca sul rapimento di Alessandra e come si è giunti all’abnorme archiviazione di un indagine per sequestro di persona e violenza privata.

Dopo una settimana di prigionia e sevizie, Alessandra è sfuggita ai suoi sequestratori con uno stratagemma e tanta fortuna. Tornata libera, il 10 maggio 1988 denunciò i suoi sequestratori alla Procura della Repubblica di Brescia.

Per completezza, vediamo in cosa consiste la deprogrammazione, prendendone la descrizione da un libro dell’avvocato Michele C. Del Re:

deprogrammazione

Michele Del ReUn “metodo” coercitivo, quindi, per costringere una persona ad abiurare le proprie idee e credenze contro la sua volontà. Tale metodo stava venendo messo in pratica su Alessandra e sarebbe giunto alle sue espressioni più crude se lei non avesse finto di cooperare e non si fosse sottratta ai suoi carcerieri con uno stratagemma.

L’autore di questo libro (e di vari altri sul soggetto del plagio da parte delle “sette” ) è il fondatore e presidente del Centro Studi Nuovi Culti Emergenti con sede a Roma.

Già ordinario di diritto penale a Camerino è stato per molti anni consulente del SISDE (oggi AISI; in pratica i servizi segreti italiani) in materia di “sette” assieme ad altri esponenti del mondo anti-sette.  Le funzioni del SISDE in materia di “sette” vengono ora svolte dalla S.A.S. (si veda “La Squadra Anti Sette”).

SISDE - Del Re

Dal sequestro dei documenti della Loggia P2 disposti dalla Commissione parlamentare d’inchiesta Anselmi , operati a Castiglion Fibocchi presso la residenza di Licio Gelli, è emerso che l’avv. Michele Del Re era affiliato alla loggia con la tessera n° 661 (fonte Wikipedia: “Lista di appartenenti alla P2”). Ascoltato dalla Commissione d’inchiesta, Del Re ha spiegato che “si era infiltrato nella P2, come in altre sette, perché stava svolgendo una ricerca commissionata e finanziata dal CNR”.

Del Re è stato anche legale di Ennio Malatesta e dell’ ARIS nello stesso periodo del sequestro di Alessandra.

Come vedremo in seguito, Del Re era coinvolto anche nel sequestro di Alessandra per “motivi di studio”, ma è stato escluso dalle indagini.

Nella sua querela Alessandra non ha specificamente denunciato i genitori, ma si è limitata a spiegare i fatti descrivendo molto chiaramente il ruolo avuto dai membri dell’ ARIS Ennio Malatesta e Sergio Mandelli, del deprogrammatore Ted Patrick e di altri personaggi comparsi nel luogo della sua prigionia. Dal testo della querela, e in seguito dagli atti dell’indagine, si capiva chiaramente che i genitori erano stati tratti in inganno dal Malatesta, che li aveva spaventati con notizie allarmistiche riguardo presunti gravissimi pericoli che la figlia correva.

Il padre di Alessandra ha dichiarato anche al procuratore che è rimasto “molto impressionato” e si “allarmò tantissimo” vedendo una trasmissione televisiva dov’erano ospiti Malatesta e altri membri dell’ARIS. Poi, dopo averlo rintracciato, si è incontrato “con il Malatesta almeno una 15 di volte nell’arco di un anno”.

verbale padre-Malatesta

Dopo aver presentato denuncia-querela, Alessandra si è costituita parte civile nel procedimento che doveva instaurarsi contro i suoi sequestratori, specificando che intendeva escludere espressamente i genitori e il fratello.

Costituzione Parte Civile

Nonostante questo, il Sostituto Procuratore Antonio Chiappani, tutt’ora in servizio presso la Procura della Repubblica di Brescia, ha deciso di iscrivere nel registro degli indagati sia i genitori di Alessandra che i membri dell’ARIS Ennio Malatesta, Sergio Mandelli, Ted Patrick, Giorgio Antonucci e Dino Michieletto.

Così facendo, il deprogrammatori-sequestratori si sono potuti fare scudo dei genitori di Alessandra, i quali si sono assunti la maggior parte delle responsabilità.

Il dottor Chiappani ha iniziato le indagini immediatamente, come evidenziato dagli atti del procedimento. Ad esempio ha interrogato la madre di Alessandra già il 14 maggio 1988, quattro giorni dopo la denuncia della figlia.

verbale interrogazione madre

La questione era abbastanza semplice: i genitori allarmati da notizie mediatiche e da informazioni ricevute direttamente dal presidente dell’ARIS, Ennio Malatesta, seguendo i suoi consigli, hanno portato con l’inganno la figlia adulta (Alessandra aveva 23 anni all’epoca) in un cascinale toscano per consegnarla a suoi carcerieri-deprogrammatori, il capo dei quali era un cittadino statunitense pregiudicato, Ted patrick. Alessandra è stata trattenuta con la forza in quel luogo e sottoposta alla pratica della deprogrammazione contro la sua volontà. Sfuggita ai suoi carcerieri, ha denunciato i fatti ai carabinieri e alla Procura della Repubblica di Brescia.

Le persone incolpate non hanno negato i fatti, anzi li hanno confermati fin nei dettagli, affermando che si trattava di un “rimedio necessario”.

Nonostante la chiarezza dei fatti, le indagini del dottor Chiappani sono continuate per quasi tre anni, cioè fino al 9 marzo 1991, data della sua richiesta di archiviazione.

Si potrebbe presumere che siano state fatte accurate indagini sul sequestro di persona e sui colpevoli rei confessi, ma così non è stato. Cos’hanno fatto gli inquirenti in quei tre anni?

Poco dopo i fatti denunciati da Alessandra, Ted Patrick si è dato alla fuga e ha lasciato il paese assieme alla sua complice Betty Allen. Non risulta che siano state fatte indagini su di loro; avevano sequestrato e seviziato una cittadina italiana adulta, ma non c’è traccia di rogatorie internazionali o richieste di informazioni presso organi di polizia statunitensi.

Le indagini nei confronti di Malatesta e degli altri soci dell’ ARIS Sergio Mandelli, Giorgio Antonucci e Dino Michieletto (Chiappani scrive Micheletto senza la seconda “i”; forse non l’ha nemmeno identificato compiutamente) sembrano essersi limitate a pochi interrogatori formali senza conseguenze.

Come abbiamo brevemente scritto poco sopra, l’avv. Michele Del Re, è stato escluso da qualsivoglia indagine poiché, sostiene il dottor Chiappani, si trovava sul luogo del sequestro in qualità di “studioso della materia” per seguire “l’andamento concreto di tale pratica” [sic].

Comunque sia, gli “indagati” erano sicuramente rintracciabili e in quei giorni apparivano spavaldamente sui giornali per sostenere l’utilità e l’efficacia della deprogrammazione.

Il Giornale

I parenti di Alessandra sono stati sentiti sommariamente nel periodo immediatamente seguente alla denuncia.

Stando ai documenti, la maggior parte delle indagini non sono state fatte nei confronti dei rapitori di Alessandra, bensì sul movimento di Scientology cui si era affiliata e sulla stessa Alessandra.

Infatti, avvalendosi della polizia giudiziaria, il dottor Chiappani ha radunato tutto quel che era disponibile negli archivi del tribunale riguardo Scientology.

Ecco un elenco di alcuni dei rapporti giudiziari raccolti dal procuratore, che non hanno nulla a che vedere col sequestro di Alessandra:

promemoria

Lo stesso Malatesta, mentre rilasciava interviste alla stampa, ha fornito al magistrato inquirente, tramite il loro avvocato difensore, numerosi documenti per indirizzare le indagini verso Scientology.

Ecco, ad esempio, una lettera del legale degli indagati, avv. Renato  Bianchi, che accompagnava un fascicolo di documenti indirizzati al procuratore:

produzione Avv. Bianchi

E un elenco parziale di altri documenti forniti al procuratore dalla difesa dei rapitori:

produzione Avv. Bianchi

La tendenza del procuratore Chiappani a non indagare sui sequestratori di Alessandra e cercare in altre direzioni si è manifestata ancor più chiaramente nell’incarico peritale che ha assegnato il 14 luglio 1990 allo psicologo e sacerdote prof. Costante Scarpellini e allo psichiatra prof. Mario Di Fiorino.

Sebbene dal frontespizio (sotto) dell’elaborato peritale sembra che i due tecnici dell’accusa, avessero ricevuto l’incarico di fornire una consulenza “nei confronti di (omissis) Antonio [1] ed altri”, cioè gli accusati di sequestro di persona e violenza privata,

perizia

dalla descrizione che i due professori forniscono di tale incarico si capisce che i quesiti posti dal dottor Chiappani non riguardavano gli accusati, bensì la Scientologia e Alessandra stessa.

perizia

Infatti, delle seguenti 35 pagine dell’elaborato peritale, ben 27 riguardavano la dottrina, l’organizzazione, il gergo e le pratiche di Scientology. Le 8 pagine finali, incluse le considerazioni conclusive, riguardavano Alessandra. O meglio, due lettere che avrebbe scritto Alessandra.

I due consulenti hanno riferito al procuratore che, iniziando l’esame peritale, hanno esaminato, non i documenti dell’indagine riguardanti gli accusati, ma “la numerosa documentazione prodotta” dalla difesa dei sequestratori e “la letteratura psicopatologica sui cults”

D’altro canto, a dispetto del titolo del conferimento d’incarico (consulenza tecnica “nei confronti di ……. Antonio ed altri per i reati di sequestro di persona e violenza privata”) i quesiti posti dal dottor Chiappani chiedevano proprio di valutare Alessandra e il gruppo cui si era affiliata. Non includeva nessuna richiesta di valutazione degli accusati e del loro comportamento.

In pratica la querelante si è trovata indagata e i rapitori, invece che accusati, sono stati trattati da collaboratori di giustizia, anzi, consulenti dell’accusa.

La conclusione dei due tecnici è stata che la pratica della Scientologia può portare a “sviluppi di tipo paranoicale (vere sindromi deliranti), che possono svilupparsi in personalità predisposte”.

A quanto pare, dall’esame delle due lettere di Alessandra, senza averla mai sentita o visitata, i due periti hanno stabilito che la stessa era una “personalità predisposta” a subire i danni che, a loro parere, la Scientologia può causare. Infatti, sempre in base alle due lettere analizzate, hanno stabilito che Alessandra:

“si trovava in una condizione di:

1) una grande insicurezza, anche se controllata,
2) delusione affettiva grave,
3) insoddisfazione per la situazione lavorativa,
4) ricerca adolescenziale di se stessa, perché non si conosceva ancora.”

Quindi hanno concluso:

“Questi dati ci fanno propendere per una personalità di grande labilità e perciò a rischio”

I due periti, consapevoli che il loro elaborato era basato su materiale insufficiente, almeno per quanto riguardava Alessandra, hanno aggiunto in chiusura del loro lavoro che limitandosi “all’esame della lettera” non era “possibile esprimersi attendibilmente” e che “Solo un approfondito esame clinico, con l’effettuazione di opportuni tests psicodiagnostici, potrebbe –a nostro avviso– consentire di dare una valutazione tecnica in merito”.

perizia

D’altra parte, come da loro stessi precisato, avevano a disposizione solo due lettere e non hanno potuto, o voluto, sottoporre Alessandra ad un “approfondito esame clinico” ed effettuare “opportuni tests psicodiagnostici”, né il procuratore glielo aveva ordinato.

Le loro conclusioni, tutt’altro che esaustive, si sono basate sul contenuto di una lettera scritta oltre due anni prima al fratello, che all’epoca prestava servizio militare, e su una seconda lettera che, all’insaputa dei periti e del procuratore, era stata scritta integralmente dal suo avvocato, che era tutt’altro che una personalità di grande labilità e perciò a rischio”.

Il dottor Chiappani invece era soddisfatto del lavoro svolto dai periti, al punto di fondare le sue conclusioni in favore dei sequestratori sugli “inequivocabili e gravissimi risultati cui giunge la consulenza tecnica disposta da questo P.M.”.

Comunque sia, nonostante le conclusioni piuttosto zoppicanti dell’insoddisfatto collegio peritale e le evidenti omissioni dell’indagine di polizia, poche settimane dopo, il procuratore Antonio Chiappani ha chiesto l’archiviazione del procedimento.

Archiviazione

Una donna adulta, è sfuggita ai suoi rapitori, si è rivolta fiduciosa alla giustizia per denunciare di aver subito un sequestro di persona e violenze fisiche e psichiche, ma nulla è stato fatto per indagare sui fatti che aveva esposto, anzi, si è trovata lei indagata. Il magistrato inquirente non ha fatto indagini sui principali accusati, non ha verificato i loro precedenti (e ce n’erano), non ha ricostruito gli avvenimenti per comprendere cosa esattamente era accaduto, non ha fatto fare indagini sul luogo del sequestro, non ha interrogato i proprietari del casolare toscano dove la querelante è stata tenuta prigioniera per vedere se erano complici o meno, non ha verificato se in quel luogo sono stati commessi altri illeciti, non ha sentito i sanitari del pronto soccorso che hanno medicato la donna rapita dopo la sua fuga, non ha sentito testimoni che potessero far luce sulla personalità degli indagati, non ha disposto perizie psicologiche o psichiatriche sugli accusati, non ha cercato di rintracciare i due sequestratori stranieri fuggiti dopo la querela. Nulla di tutto questo.

L’indagine lunga tre anni del dottor Chiappani si può riassumere nei seguenti atti:

1) interrogatori sommari degli accusati,
2) raccolta di documenti prodotti dalla difesa e presi dagli archivi giudiziari su argomenti diversi dai fatti denunciati e
3) consulenza tecnica dei proff. Scarpellini e Di Fiorino basata solo su documenti che nulla avevano a che vedere con i reati commessi dagli accusati.

Sulla base di questi pochi atti investigativi, senza aver sentito null’altro che la voce degli accusati e aver consultato documentazione chiaramente ostile all’indagata e al credo scelto dalla stessa, ha concluso che tanto bastava per giustificare un sequestro di persona, arrivando a descriverlo come una legittima difesa.

Archiviazione

Proprio in quell’ormai lontano 1988, mentre il procuratore Chiappani iniziava la sua indagine, un Giudice Istruttore Milanese, completava una vasta e lunga indagine a carico di un centinaio di dirigenti e seguaci della Scientologia, producendo una lunghissima ordinanza di rinvio a giudizio (circa 1.300 pagine).

Come si può vedere dal promemoria sui rapporti giudiziari pubblicato poco sopra, il dottor Chiappani seguiva da tempo il procedimento milanese e aveva acquisito agli atti della sua indagine il rinvio a giudizio di quel magistrato descrivendolo come un “monumentale ed esaustivo documento”.

A quanto pare il procuratore Chiappani aveva sposato in toto le teorie accusatorie del magistrato milanese, ribadite dalla difesa dagli accusati e sostenute dai consulenti tecnici Scarpellini e Di Fiorino.

Anche il Giudice per le Indagini Preliminari Roberto Spanò, da quel che scrive nel suo decreto di archiviazione datato 19 marzo 1991, ha accolto queste tesi affermando addirittura che Alessandra era “vittima, più che dei suoi genitori, dei metodi e della pratiche” scientologiche.

Archiviazione

Nelle loro deliberazioni, entrambi i giudici hanno sorvolato su un punto a nostro avviso importante: se anche si fosse voluto applicare l’esimente dello “stato di necessità putativa” ai genitori (che Alessandra chiedeva di escludere dal procedimento), come si è potuta ignorare la responsabilità di persone quali Ted Patrick, Betty Allen, Ennio Malatesta e Sergio Mandelli, che quella necessità certamente non avevano e che erano esecutori materiali del sequestro di persona?

Sulla base di questa teoria, qualsiasi sequestratore potrebbe passarla liscia purché si faccia scudo con un genitore che possa dirsi in uno “stato di necessità”.

Un'altra cosa che i magistrati bresciani non potevano prevedere è che, come scrive l’autrice di questo articolo, “tutto o quasi l'impianto accusatorio del G.I. milanese non resse il vaglio dei giudici di primo grado. Il maxi-processo milanese contro Scientology è ormai storia e la terza corte d'appello confermò la sentenza di primo grado, che aveva assolto gli imputati dal reato principe, quello su cui era stato appoggiato tutto: associazione per delinquere”. [2]

Da altri documenti, messi a disposizione dalla parte lesa, sono emersi dettagli che ci sembrano di interesse per comprendere meglio certi meccanismi di questa indagine salva-deprogrammatori.

Ad esempio, l’indagato per sequestro e presidente dell’ARIS Ennio Malatesta era contemporaneamente un personaggio di spicco anche nell’indagine milanese.  Interrogato ripetutamente dal Giudice Istruttore Guicla Mulliri, le aveva fornito una vasta messe di documenti, proprio come stava facendo col procuratore di Brescia.

Tramite la sua associazione, Malatesta ha cercato senza riuscirci di costituirsi parte civile nel processo milanese assieme ad altri 21 individui associati all’ARIS, tra i quali proprio Dino Michieletto e Giorgio Antonucci, che erano suoi complici nel sequestro di Alessandra e quindi co-indagati a Brescia. [3]

Da un video recentemente segnalato abbiamo desunto questo interessante preventivo di spesa inviato dall’ ARIS ad un parlamentare di spicco.

preventivo ARIS

L’avvocato Renato Bianchi citato nel documento è lo stesso che stava difendendo a Brescia il presidente dell’ ARIS Ennio Malatesta e i soci Mandelli, Antonucci e Michieletto dall’accusa di sequestro di persona.

Quanto all’avvocato Luciano Faraon, già condannato per truffa nel 1996, per diffamazione a mezzo stampa (in via definitiva) nel 1998, cancellato dall’Ordine professionale lo stesso anno e sospeso di nuovo nel 2011, era avvocato e associato dell’ARIS Veneto.

articolo radiazione Faraon

Michele Del Re, che visitò il luogo della prigionia di Alessandra per “motivi di studio”, si è aggiunto al collegio milanese in un secondo momento.

Si può dire che i sequestratori di Alessandra e i loro avvocati, protagonisti dell’indagine di Chiappani, erano contemporaneamente attori nel procedimento milanese dal quale il procuratore bresciano ha attinto documenti e tesi “anti-sette” che gli stessi indagati producevano e sostenevano, da un lato per difendersi dall’accusa di sequestro e dall’altro per diffondere allarme sociale.

Sembra quindi che il convincimento del dottor Chiappani si sia formato sulla scia della vicenda processuale milanese (poi superata da sentenze che hanno smontato il teorema dell’accusa) e dalla letteratura fornita dalla difesa.

Lo stesso infatti ha scritto nella sua richiesta di archiviazione che “La lettura del copioso materiale ‘dianetico’ che correda il presente fascicolo, il contenuto della estesa e penetrante memoria della difesa, la pregnante e significativa letteratura a tale memoria allegata (…), per non parlare del monumentale ed esaustivo documento rappresentato dall’ordinanza-sentenza del procedimento n. 528/81-F, acquisita in atti (…) forniscono un quadro a dir poco inquietante (se non angosciante)”.

Ma, come ha scritto nel prosieguo lo stesso Chiappani , per giungere alla richiesta di archiviazione, è stata decisiva la consulenza tecnica dei proff. Scarpellini e Di Fiorino. Al riguardo Chiappani ha affermato che “in tale contesto e con riferimento alla fattispecie che ci occupa, le risultanze e le conclusioni della consulenza tecnica in atti assumono (…) un peculiare rilievo .

Un parere condiviso pochi giorni dopo dal giudice Spanò che ha accolto la richiesta ed ha archiviato.

Mario Di FiorinoLa parte più importante delle 37 pagine della perizia collegiale è stata sviluppata da Di Fiorino . Il suo collega, prof. Scarpellini , si era “limitato” a valutare le due lettere di Alessandra (una delle quali scritta dal suo avvocato) da un punto di vista psicologico. Mentre il prof. Di Fiorino ha sviluppato tutta la parte riguardante la Scientologia e l’appartenenza di Alessandra alla stessa. Proprio quella parte che Chiappani, Spanò e Alessandrini hanno ritenuto “esaustiva”, di “peculiare rilievo”, “inequivocabile”, “corretta” e “dettagliata”.

I rappresentanti dell’ ARIS di quell’epoca conoscevano bene il prof. Di Fiorino e le sue opinioni sfavorevoli alle cd “sette” e sapevano che era favorevole alla reintroduzione del reato di plagio/manipolazione mentale. Lo conoscevano ben prima che il dottor Chiappani lo nominasse come consulente (14 luglio 1990) nel procedimento dove loro stessi erano accusati di sequestro di persona e violenza privata.

psichiatria e territorioFin dal 1984 il prof. Di Fiorino dirigeva la rivista “Psichiatria e territorio” e scriveva articoli a favore della reintroduzione del reato di plagio nel nostro ordinamento, sosteneva l’esistenza del lavaggio del cervello e della manipolazione mentale da parte delle “sette”.

All’epoca in cui il procuratore Chiappani gli ha conferito l’incarico di consulente tecnico, il prof. Di Fiorino si occupava già da anni di produrre e diffondere una letteratura sfavorevole alle “sette” sostenendo che plagiano i loro seguaci e praticano il lavaggio del cervello.

Non è strano quindi che abbia concluso la sua perizia collegiale nel modo descritto sopra. Non ha fatto altro che ribadire concetti e idee che aveva già espresso in diverse occasioni durante convegni sul soggetto o nei suoi articoli e saggi. Semmai sarebbe strano se il prof. Di Fiorino avesse realmente studiato i materiali raccolti durante l’indagine del dottor Chiappani, visto che sicuramente aveva già a disposizione un’ampia letteratura sulla materia ben prima che il procuratore gli affidasse l’incarico peritale.

Ma c’è di più da sapere. Durante questa sua attività il prof. Di Fiorino aveva già conosciuto l’ARIS, Malatesta i gli altri indagati del sequestro di Alessandra.

Risale, ad esempio, all’1 e 2 settembre 1989 il convegno di Forte dei Marmi dal titolo che da allora diede il nome ad una collana di pubblicazioni del prof. Di Fiorino: “La persuasione socialmente accettata, il plagio e il lavaggio del cervello” . Si è tenuto al Centro Congressi dell’Hotel Versilia Holidays,  per l’organizzazione di “Psichiatria e territorio” e la collaborazione di vari rappresentanti dell’ ARIS e del GRIS, il gruppo anti-sette della Conferenza Episcopale.

convegno Forte dei Marmi

Anche l’avv. Del Re e i soci dell’ ARIS Dino Michieletto, Luciano Faraon e Giorgio Antonucci erano presenti al convegno.

A quel tempo il prof. Di Fiorino non era ancora stato incaricato dal procuratore Chiappani di effettuare la perizia tecnica per conto di quella che doveva essere l’accusa contro i sequestratori, ma costoro avevano già commesso il fatto ed erano già indagati per sequestro di persona e violenza privata.

Tutto ciò considerato, è quanto meno ipocrita che Alessandrini, nella lettera “PER FARE CHIAREZZA SU UN CASO DI DEPROGRAMMAZIONE IN ITALIA” (http://favisonlus.wordpress.com/2012/11/26/per-fare-chiarezza-su-un-caso-di-deprogrammazione-in-italia/), a nome del Forum anti-sette di cui l’ARIS e Malatesta fanno parte, abbia voluto puntualizzare che “gli imputati nel processo di Brescia, vennero tutti assolti dalle accuse di sequestro di persona, violenza privata e lesioni personali dolose, in seguito a dettagliata perizia psichiatrica che portò l’accusa a chiedere l’assoluzione.

Alessandrini e i componenti dell’ARIS erano di certo al corrente del ruolo che il perito prof. Di Fiorino ha avuto nella vicenda.

Nel prossimo e ultimo atto approfondiremo ulteriormente i retroscena della cosiddetta “perizia collegiale”. Vedremo anche altri dettagli sconosciuti ai più, come ad esempio la comunanza di interessi tra i sequestratori dell’ ARIS , il perito dell’accusa prof. Di Fiorino e i vari anti-sette.

14 aprile 2013

oOo

 


Note:

1) Antonio è il fratello di Alessandra. Nei precedenti atti il procuratore procedeva nei confronti del padre di Alessandra (Giovanni). Il fratello era un co-indagato, ma nella perizia non si fa riferimento al padre come principale indagato.

2) Qui un articolo che riassume e analizza la vicenda giudiziaria: www.diritto.it/materiali/penale/jasonni.html

3) Le istanze di costituzione di parte civile riferibili all’ARIS sono state estromesse dal giudizio durante le fasi preliminari del processo di primo grado.