Forum anti-sette e i sequestri di persona – 3° atto e conclusione

Lobbismo anti-sette

Conducono campagne mediatiche di allarme sociale contro le minoranze religiose. Provocano incidenti per giustificare la reintroduzione del reato fascista di plagio. Manipolano cause giudiziarie provocando devastanti danni patrimoniali e sofferenze umane enormi, distruggendo la vita a migliaia di persone. Sono i lobbisti del mondo anti-sette.

In questa serie di articoli trattiamo principalmente di un sequestro di persona commesso dai membri di un’associazione “anti-sette” chiamata ARIS (Associazione per la Ricerca e l’Informazione sulle Sette) e da un pregiudicato statunitense, Ted Patrick. Scopo del rapimento era di costringere la donna rapita, un ragazza di 23 anni di nome Alessandra, ad abiurare la propria scelta religiosa tramite un metodo chiamato “deprogrammazione”. Il metodo, ovviamente illecito, prevede il rapimento, la segregazione, violenze fisiche e psicologiche, privazione del sonno e del nutrimento fino a causare un cedimento e un crollo psicologico. La procedura è descritta nel precedente articolo “Forum anti-sette e i sequestri di persona – 2° atto”.

Alessandra si era sottratta ai suoi aguzzini con uno stratagemma e li ha denunciati. L’indagine che ne è seguita, condotta dal Sostituto Procuratore di Brescia dottor Antonio Chiappani, anziché indirizzarsi su coloro che avevano commesso i reati,  è stata svolta sulla vittima e sulla scelta religiosa che aveva fatto.

I genitori di Alessandra erano stati convinti a permettere che la figlia fosse “deprogrammata” grazie alle informazioni allarmistiche e sconvolgenti fornite loro dal presidente dell’ ARIS Ennio Malatesta. Le stesse informazioni fuorvianti sono state fornite al procuratore che le ha credute e ha deciso di archiviare l’indagine anziché perseguire i colpevoli. Questo epilogo è descritto e documentato nel precedente articolo “Forum anti-sette e i sequestri di persona – 2° atto”.

Gli odierni membri dell’ ARIS, oggi evolutasi in due diverse associazioni, sono parte di un Forum anti-sette che continua l’opera dei soci originali che consiste nel diffondere una cultura di diffidenza e ostilità verso quelle che loro chiamano “sette”, tramite la diffusione di notizie allarmistiche e fuorvianti.

A seguito di un’interrogazione parlamentare presentata dai senatori radicali Perduca e Poretti il 5 novembre 2012 (si veda l’articolo “C'è poco da stare Allegrini - 2a parte”), il coordinatore e portavoce del Forum anti-sette Maurizio Alessandrini, ha preso le distanze dai sequestratori con una lettera pubblicata sul suo blog il 26 dicembre 2012.

Nei primo articolo di questa serie abbiamo documentato che, in realtà, le associazioni “anti-sette” odierne sono tutt’altro che estranee alle attività di Malatesta e ai soci ARIS superstiti, anzi, stanno tutt’ora operando assieme.

Nella già citata lettera, Alessandrini aveva scritto anche che gli imputati nel processo di Brescia, vennero tutti assolti dalle accuse di sequestro di persona, violenza privata e lesioni personali dolose, in seguito a dettagliata perizia psichiatrica che portò l’accusa a chiedere l’assoluzione.

Nel secondo articolo già citato abbiamo evidenziato che tale perizia era tutt’altro che “dettagliata” ed era per la maggior parte opera del prof. Mario Di Fiorino, che aveva rapporti e interessi privati con gli accusati da ben prima che la Procura lo incaricasse di eseguire la perizia.

Riprendiamo da qui la storia, da quel settembre 1989 a Forte dei Marmi, quando il prof. Di Fiorino presiedeva il convegno su “La persuasione socialmente accettata, il plagio e il lavaggio del cervello” alla cui realizzazione avevano contribuito vari rappresentanti dell’ARIS.

Meno di dieci mesi dopo Di Fiorino è stato convocato dal dottor Chiappani per il conferimento dell’incarico peritale.

lettera incarico

A domanda del procuratore il prof. Di Fiorino, come il prof. Scarpellini, si è dichiarato idoneo a svolgere l’incarico poiché non ricorrevano le “condizioni previste dall’art. 222” del codice di procedura penale.

Forse quelle condizioni le soddisfaceva il prof. Scarpellini, ma per il prof. Di Fiorino l’idoneità era quanto meno dubbia, in vista dei rapporti che aveva con i membri dell’ARIS coinvolti nel processo.

Non ricorrevano le condizione di inidoneità previste dall’articolo 222, ma di certo, in base all’art. 223 e 36 del codice procedura penale, il prof. Di Fiorino era inidoneo a svolgere l’incarico di consulente dell’accusa e aveva l’obbligo di dichiarare tale inidoneità e astenersi.

artt. 223 e 36 ccp

Infatti, il prof. Di Fiorino aveva ampiamente e ripetutamente “manifestato il suo parere sull’oggetto del procedimento fuori dall’esercizio delle funzioni giudiziarie”, atteso che l’oggetto che ha trattato nella sua indagine peritale era ormai da anni esattamente quello di tutte le sue conferenze, libri, saggi e articoli.

Con la sua consulenza certamente non super partes e viziata dai pregiudizi che gli facevano obbligo di astenersi, il prof. Di Fiorino ha marcatamente contribuito alla formazione del convincimento del procuratore Chiappani, che infine ha deciso di non procedere contro i sequestratori.

Il procuratore non ha indagato sul reato di sequestro di persona perché si era convinto che tale sequestro e le conseguenti violenze fisiche e psicologiche erano il male minore per la persona rapita.

Tale convincimento si era formato sulla base di informazioni e letteratura che le associazioni "anti-sette" rappresentate degli stessi indagati (Malatesta, Mandelli, Michieletto, Antonucci, Del re) avevano sviluppato negli anni e in seguito fornito ai magistrati.

Lo stesso consulente tecnico Di Fiorino, che non  si è astenuto dall’incarico nonostante l’evidente conflitto di interessi, era ed è un collega degli indagati nella sua veste di rappresentate del mondo  "anti-sette", nonché una delle principali fonti italiane della cultura di ostilità alle cd “sette”; fornendo la sua consulenza non ha fatto altro che avvalorare la letteratura sul soggetto da lui stesso prodotta.

Il dottor Chiappani ha accolto le tesi degli  "anti-sette" e del prof. Di Fiorino in modo così completo che ne ha addirittura acquisito il gergo inserendolo perfino nei suoi atti dell’indagine. Ad esempio, nella richiesta di archiviazione del procedimento, scrivendo (per scagionarlo) delle “finalità scientifiche” che avrebbero spinto il prof. Del Re a visitare il luogo di prigionia e di sevizie di Alessandra, ha parlato di “persuasione socialmente accettata”.

persuasione socialmente accettata

Una terminologia che, specialmente all’epoca, non era in uso negli ambienti giudiziari, anzi, perfino all’interno del ristretto mondo degli  "anti-sette" parlavano di “persuasione socialmente accettata” solo il prof. Di Fiorino e pochi altri.

Il risultato di questa farsa giudiziaria è stato un’ulteriore ingiustizia commessa nei confronti di una donna adulta che, da vittima di un atto criminale, anziché ricevere una riparazione dei torti, ha subito un’altra violenza psicologica e morale da una giustizia che ha preferito vederla sequestrata piuttosto che libera di scegliere e professare un proprio credo.

Come abbiamo brevemente accennato nel primo articolo della serie, la vicenda di Alessandra però non è terminata col decreto di archiviazione del giudice Spanò datato 19 marzo 1991. Alessandra si era opposta all’archiviazione insistendo per avere giustizia ed aveva fatto ricorso alla Suprema Corte di Cassazione contro il decreto del giudice Spanò.

La Gazzetta di Brescia

Per motivare ulteriormente tale ricorso, Alessandra si era sottoposta anche ad una perizia psichiatrica. Il prof. Augusto Ermentini, docente di psichiatria presso l’Università degli Studi di Brescia, a differenza dei periti del procuratore Chiappani, ha fatto tutti gli accertamenti ed esami clinici del caso incontrando Alessandra di persona e sottoponendola a tutti i test necessari.

perizia

Sulla base di questi elementi, sicuramente più  solidi e pertinenti dei quelli dei periti dell’accusa, la conclusione della relazione medico-legale del prof. Ermentini era di segno completamente opposto: Alessandra non era una “personalità di grande labilità e perciò a rischio”.

perizia

In quel periodo di confusione giudiziaria causata dal cambiamento del codice di procedura penale, durante il quale l’applicazione delle norme si accavallavano tra quelle del vecchio e del nuovo codice, il ricorso di Alessandra non è stato accolto dalla Cassazione e il procedimento è stato definitivamente archiviato quella stessa estate del 1992.

Rimane il fatto che la vicenda processuale era ancora in corso quando il consulente dell’accusa prof. Mario Di Fiorino e l’accusato sequestratore Ennio Malatesta, il primo giugno 1991, hanno partecipato ad un raduno dell’ARIS tenutosi in provincia di Verona (San Zeno di Montagna), cui presenziarono anche Giorgio Antonucci, Dino Michieletto, Andreotti Loria (difensore di Faraon e socio dell’ARIS veneto ) e parecchi altri.

Malatesta - Di Fiorino

Si trattava di un raduno privato a porte chiuse, in una tranquilla località turistica poco distante dal lago di Garda ai piedi del Monte Baldo, non certo un’occasione pubblica come un convegno o una conferenza. Non è azzardato sostenere che i rapporti tra questi personaggi erano, in effetti, di conoscenza privata e di appartenenza comune al movimento "anti-sette"; non certo il rapporto di terzietà che è tenuto ad assumere un consulente della Procura della Repubblica verso dei privati cittadini che da quella Procura erano indagati per dei reati gravi.

Purtroppo, quella di Alessandra non è una storia isolata. In quegli anni diverse persone appartenenti a gruppi religiosi minoritari hanno subito la ripetuta violenza dell’intolleranza, dell’ostracismo, della deprogrammazione e infine della giustizia negata.

Ted Patrick e il suo allievo Martin Faiers , anch’egli pregiudicato e ricercato dalla polizia, ingaggiati da genitori possessivi e allarmati dai gruppi “anti-sette”, hanno imperversato per alcuni anni in Italia e nei paesi limitrofi, come nel caso degli Hare Krishna Luigi Giacomin [1] e Laura Tedeschi.

Atti Parlamentari

Lettere all'Unità

Non è credibile che dei pregiudicati stranieri, ricercati dalla polizia in vari paesi, abbiano potuto scorazzare indisturbati per l’Italia per almeno tre anni sequestrando persone senza che polizia e magistratura li abbiano mai fermati, interrogati, arrestati. Erano facilmente rintracciabili visto che vari membri dell’ARIS li hanno contattati e frequentati senza difficoltà.

Non è ipotizzabile che ogni poliziotto o magistrato che ha ricevuto denunce sull’attività dei deprogrammatori sia stato influenzato da Malatesta, Di Fiorino, Del Re o dagli altri “anti-sette” coinvolti. Infatti vi è un altro particolare che potrebbe spiegare questa sorte di “immunità”.

C'è una cosa che accomuna vari rappresentanti dei gruppi "anti-sette": parecchi di loro erano consulenti del S.I.S.De. (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica), il servizio segreto che dipendeva dal Ministero dell’Interno. Il SISDe venne eliminato con la riforma del 2007 dopo essere stato colpito da vari scandali, il primo dei quali fu quello della loggia segreta P2, la loggia massonica cui apparteneva anche l’avv. Michele Del Re, tessera n. 661.

SISDE - Del Re

Prima di essere sommerso da una serie di scandali politici (fondi neri del SISDe, il caso Bruno Contrada, la Loggia P2, per citare solo i più noti) e venire disciolto, il SISDe si occupava, tra le altre cose, di “sette”. Svolgeva quindi, le funzioni che oggi svolge la S.A.S. (Squadra Anti Sette del Ministero dell’Interno), di cui si dice collaboratore e portavoce Maurizio Alessandrini a nome del Forum anti-sette.

La collaborazione con i servizi polizieschi che, a seconda delle epoche (SISDe prima e S.A.S. ai giorni nostri), ha visto gli "anti-sette" come loro come “consulenti”, è solo una delle attività che accomunano gli odierni componenti del Forum (FAVIS, CeSAP, ARIS Veneto e ARIS Veneto) a quelli che erano coinvolti nel sequestro di Alessandra e che componevano l’ARIS originale.

Abbiamo scritto nel primo articolo di questa serie come, all’indomani dell’interrogazione parlamentare dei radicali Perduca e Poretti , Alessandrini abbia cercato di prendere le distanze da coloro che avevano organizzato e realizzato il sequestro di Alessandra, dicendo che: “…in merito ai fatti addebitati all’ARIS, le menzionate realtà associative ARIS TOSCANA e ARIS VENETO, all’epoca dei fatti (1988), non erano ancora costituite.”

Questa dichiarazione è stata smentita dai loro stessi documenti, ad esempio la lettera del Forum a firma Alessandrini indirizzata al presidente Napolitano, datata 27 ottobre 2006, che elenca tra i firmatari anche Ennio Malatesta dell’ARIS Nazionale.

Ma vi sono state molte altre collaborazioni e attività comuni che dimostrano la continuità del rapporto tra i membri dell’ARIS che sequestravano per deprogrammare negli anni 8o (e gli studiosi e periti che li appoggiavano), e i componenti dell’odierno Forum anti-sette.

Ecco, ad esempio, un curriculum preso dal sito dell’ARIS Toscana, che elenca le loro attività “anti-sette”, dove appaiono i componenti del Forum e il prof. Di Fiorino.

Alessandrini - Di Fiorino - ARIS

Anche Alessandrini era uno dei relatori, assieme al prof. Di Fiorino, alla conferenza dell’ARIS Toscana di Forte dei Marmi del 24 giugno 2005.

Alessandrini - Di Fiorino - ARIS

E la dr.ssa Lorita Tinelli che si è avvalsa dell’opera dell’avv. Michele Del Re per una tesina che ha pubblicato sul sito del CeSAP nel 2011.

tesina

Poi “l’intoccabile” don Aldo Bonaiuti [2], principale referente della S.A.S., che nel 2006 ha partecipato assieme all’avv. Luciano Faraon dell’ARIS Veneto ad una “giornata di studio sulle sette” organizzata dal gruppo “anti-sette” cattolico GRIS.

Bonaiuti - Faraon

E ancora il prof. Di Fiorino, consulente del GRIS ancora ai giorni nostri, come si evince dal sito dello stesso gruppo “anti-sette”.

Di Fiorino consulente GRIS

In conclusione, nonostante i dinieghi di Alessandrini , è evidente che gli “anti-sette” che si sono resi colpevoli di sequestri di persona e violenze fisiche negli anni 80, sono della stessa genìa degli attuali membri del Forum anti-sette, e parecchi dei protagonisti dell’epoca sono ancora in piena attività.

Stanno conducendo tuttora campagne mediatiche di allarme sociale contro le minoranze religiose. Stanno ancora provocando incidenti per giustificare la reintroduzione del reato fascista di plagio. Prima collaboravano col SISDe, ora collaborano con la S.A.S., sempre col Ministero dell’Interno. Come accadde con le denunce di Alessandra e Giacomin, attuano le stesse strategie per ostruire la giustizia, proprio come hanno fatto con la farsa giudiziario-mediatica di Arkeon [3].

Maurizio AlessandriniQuando Alessandrini, a nome del Forum anti-sette, ha  scritto nella sua lettera di chiarimento che “gli imputati nel processo di Brescia, vennero tutti assolti dalle accuse di sequestro di persona, violenza privata e lesioni personali dolose, in seguito a dettagliata perizia psichiatrica che portò l’accusa a chiedere l’assoluzione”, sapeva quale meccanismo aveva reso possibile quel proscioglimento.

Così come la dr.ssa Tinelli sapeva perché il procuratore Bretone di Bari svolgeva le indagini su Arkeon in una certa direzione e interrogava determinati testimoni a carico, erano gli stessi che il CeSAP fomentava contro gli indagati.

Un’altra pratica comune di questi personaggi è quella di zittire i dissenzienti usando il metodo delle denunce anonime. Di questo soggetto tratteremo ancora prossimamente.

17 aprile 2013

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Note:

1) Come nel caso di Alessandra, anche Luigi Giacomin intentò causa contro i suoi sequestratori ma il tutto si concluse con un proscioglimento dei sequestratori che, anche in quel caso, si fecero scudo dei genitori del Giacomin.

2) Don Aldo Bonaiuto è stato nominato referente della S.A.S. nel 2006 dal capo della Polizia Gianni De Gennaro (vedasi “Squadra Anti Sette, gruppi anti-sette e plagio”). Questa nomina ufficiale, con una circolare del Ministero dell’Interno, di un privato cittadino, anzi, di un prete cattolico, dà la misura del potere che possono avere gli “anti-sette”, che si atteggiano a consulenti ufficiali dello Stato, quando intervengono con azioni da  lobbisti sulle autorità periferiche e sui media.

3) Il primo grado del processo contro Arkeon si è recentemente concluso con il proscioglimento dei dirigenti del gruppo Arkeon dai reati che lo configuravano come pericolosa "psicosetta". La vicenda fu istigata dall’attivismo allarmistico del CeSAP della Lorita Tinelli. La procura non ha fatto ricorso contro la sentenza, la difesa invece l'ha impugnata pet la parte condannatoria. Perciò pende in appello la condanna per il reato associativo contro alcuni promotori del gruppo, ma solo per aver abusato della professione di psicoterapeuta, non certo per aver truffato, circonvenuto, fatto violenze o altro. La teoria della “setta distruttiva” sostenuta dalla Tinelli si è rivelata completamente infondata. Nel frattempo le conseguenze patrimoniali e le sofferenze umane sono state enormi e decine di persone, se non centinaia, hanno avuto la vita distrutta da quest’ennesima farsa giudiziaria. Maggiori dettagli sulla vicenda sono pubblicato qui. E' bene precisare che, in virtù del diritto costituzionalmente garantito alla presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva, i dirigenti di Arkeon non sono colpevoli per i reati residuali per cui sono stati ritenuti responsabili dal giudice di primo grado perché la sentenza non è definitiva, e non sono certamente colpevoli dei reati per cui sono stati assolti perché nel merito la sentenza è ora definitiva.