Testimoni "fondamentali"

Testimonianze false e leggi inique

Chi sta pilotando le testimonianze degli anti-sette per far approvare leggi speciali contro le minoranze religiose? I Senatori pro-plagio della Commissione Giustizia stanno cercando davvero la verità per produrre una legge equa?

Com’è possibile promulgare leggi giuste ed imparziali se ci si basa su false testimonianze e informazioni scorrette? Non è possibile.

Se a questo si aggiunge il fatto che le testimonianze raccolte sono una manciata, in relazione ad un fenomeno che, a quanto riferisce il forum anti-sette, riguarda centinaia di migliaia, se non milioni, di cittadini italiani, la legge che ne dovrebbe risultare sarà certamente iniqua e inapplicabile.

E’ il caso della proposta legge pendente avanti la Commissione Giustizia del Senato, il disegno di legge (DDL) n. 569 sulla “manipolazione mentale”, vale a dire il famigerato “plagio”.

Questo disegno di legge, nelle sue varie forme, sta venendo riproposto anno dopo anno fin dalla metà degli anni 80. Cioè, da poco dopo che la Corte Costituzionale ha abrogato il reato di “plagio” dal nostro codice penale nel 1981. Un reato di origine fascista, inutile e dannoso, che serviva da strumento persecutorio nei confronti dell’inquisito che aveva commesso il crimine di dire, fare o pensare cose non apprezzate da chi lo denunciava.

I sostenitori della reintroduzione a tutti i costi di questa figura di reato nel nostro codice, usano dire che il “plagio” fu cancellato dal codice penale perché era “poco descrittivo”. Ma il problema vero è che il concetto di “plagio” si basava, e si basa, su premesse completamente non scientifiche, quali, ad esempio, l’esistenza della “suggestione plagiante”, della “manipolazione mentale” e del “lavaggio del cervello”.

Da un punto di vista lessicale, coloro che vorrebbero formulare una nuova legge che punisce il “plagio”, in trent’anni non sono riusciti ad elaborare un testo convincente che superi i limiti descrittivi che hanno causato la cancellazione del testo abrogato nel 1981. Quindi, per aggirare (non superare) le censure della Corte Costituzionale, hanno attuato la strategia dell’allarmismo. Vale a dire, creare abbastanza allarme sul problema delle “sette” da rendere necessaria la reintroduzione del “plagio” (o “manipolazione mentale”) come male minore. In sostanza, far credere che il problema sia così grave da rendere necessaria l’adozione di una legge che mette in serio pericolo i diritti civili, ma che è preferibile, secondo loro, all’esistenza delle “sette”.

Negli articoliAllarmismo di Stato eFalsare statistiche per allarmare abbiamo messo in evidenza come l’opera dei gruppi anti-sette abbia portato ad una ridefinizione peggiorativa del termine setta, rendendola un soggetto oscuro e pericoloso. La cooperazione di costoro con l’autore dell’iniquo Rapporto del Ministero dell’Interno del 1998, già censurato dalla magistratura romana e pesantemente criticato da parlamentari e studiosi, ha dato un grosso aiuto a questa campagna.

Nell’articoloSquadra Anti Sette, gruppi anti-sette e plagio abbiamo pubblicato fatti e documenti riguardanti lo strano sodalizio tra la Squadra Anti Sette (S.A.S.) del Dipartimento della Pubblica Sicurezza (Ministero dell’Interno) e i gruppi componenti il cosiddetto forum anti-sette. La stessa creazione della S.A.S. è quanto meno un fatto discutibile.

E’ tempo ora di analizzare i rapporti del forum anti-sette con alcuni Senatori della Commissione Giustizia che sembrano essere "particolarmente" concordi sulla reintroduzione del “plagio”.

Il Disegno di Legge in discussione è il n. 569 “Disposizione concernenti il reato di manipolazione mentale”, presentato il 15 maggio 2008 dal Senatore Antonino Caruso.

Abbiamo già visto nell’articoloI referenti della S.A.S. e il plagio che il Senatore Caruso ha rapporti ormai ultradecennali con Maurizio Alessandrini, fondatore e presidente dell’associazione capofila del forum anti-sette, la FA.VI.S. (Associazioni Familiari delle Vittime delle Sette).

All’epoca dei primi contatti con gli anti-sette, il Senatore Caruso era presidente della Commissione Giustizia e rassicurava Alessandrini sul fatto che il disegno di legge dell’epoca (DDL n. 800 del Senatore Renato Meduri) non era bloccato e procedeva nell’iter verso l'approvazione anche grazie al suo intervento.

Poi la proposta di legge Meduri è decaduta quando è crollato l’ennesimo governo della nostra instabile Repubblica.

Parecchi altri disegni di legge per la reintroduzione del “plagio” vennero presentati negli anni seguenti da alcuni “instancabili” Senatori e Deputati, ecco un elenco abbastanza completo: DDL S. n. 1777 (Sen. Alberti-Casellati), DDL S. n. 4605 (Sen. Bosi), DDL C. n. 227 (On. Piscitello), DDL C. n. 7001 (On. Follini), DDL C. n. 1393 (On. Fiori), DDL C. n. 7052 (On. Testa), DDL C. n. 4718 (On. Milanese), DDL C. n. 3770 (On. Alboni), DDL C. n. 5511 (On. Perrotta), DDL C. n. 5440 (On. Serena).

Il comun denominatore di tutti questi disegni di legge per la reintroduzione del “plagio” era il testo noiosamente simile a quello originale del codice Rocco. L’altro fatto comune è che tutti i parlamentari proponenti hanno avuto contatti con gli anti-sette e la loro propaganda.

Decaduti quasi tutti i DDL precedenti, sebbene non fosse più parte della Commissione Giustizia, il Senatore Caruso ha presentato l’attuale DDL usando lo stesso identico testo presentato anni prima dal collega Meduri e molto simile a quello di tutti gli altri sopra elencati.

Il DDL n. 569 è stato assegnato alla Commissione Giustizia di cui fanno parte alcuni dei sostenitori della reintroduzione del “plagio”, nonché simpatizzanti degli anti-sette, ad esempio i Senatori Alberti-Casellati, Mariano Delogu e Laura Allegrini, per citarne alcuni.

E’ rimasto lettera morta fino all’8 giugno 2010, quando la Senatrice Laura Allegrini, co-firmataria del DDL e, anche lei, come il Senatore Caruso, in ottimi e frequenti rapporti con Alessandrini e col forum anti-sette, è stata nominata relatrice del progetto di legge.

La Commissione ha finalmente dato inizio alla cosiddetta “indagine conoscitiva” l’8 giugno 2010 con una prima seduta di trattazione generale. Poi, dopo un silenzio di quasi 9 mesi, “l’indagine” è stata riaperta il 1° marzo 2011 e la Senatrice Allegrini, con l’approvazione del Presidente Filippo Berselli, ha reso subito chiaro che intendeva dare subito la voce agli anti-sette:

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La sua idea di “una più completa istruttoria legislativa” era di dare un imprinting da anti-setta ai lavori sul DDL. Infatti, tutti gli “esperti” di cui disponeva la convocazione sono favorevoli alla legge “anti-plagio” e sfavorevoli alle “sette” e tre di loro sono referenti della S.A.S..

Alessandrini e Bonaiuto, come già detto, sono i referenti ufficiali della S.A.S. (si veda l’articoloI referenti della S.A.S. e il plagio), il professor Francesco Bruno è un sostenitore e consulente della FAVIS di Alessandrini, nonché autore della prefazione al “Libro nero delle sette in Italia”. Mentre il dottor Antonio Pizzi era il Procuratore del processo alle cosiddette “Bestie di Satana” (causa ampiamente strumentalizzata degli anti-sette e dai media per la campagna contro le “sette” e a favore della legge sul "plagio"), oggi capo dell’Ufficio dell’accusa nel processo contro il gruppo Arkeon.

Sono passati sei mesi prima che le audizioni cominciassero realmente. Infatti, il 21 settembre 2011, accogliendo in parte le richieste della Senatrice Allegrini, la Commissione ha disposto la convocazione delle prime cinque persone per continuare “l’indagine conoscitiva”. Tra i convocati figuravano anche studiosi dichiaratamente sfavorevoli alla proposta di legge per reintrodurre il “plagio”, vale a dire il professor Silvio Calzolari, la dottoressa Raffaella Di Marzio e il professor Massimo Introvigne. Favorevoli e gradite alla Senatrice Allegrini, sono state invece le audizioni della dottoressa Lorita Tinelli e del dottor Felice Scaringella, entrambi dell’associazione CeSAP, quindi membri di spicco del forum anti-sette.

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Ma la Senatrice Allegrini non demordeva e, una settimana dopo, la Commissione ha convocato per audizione i membri del forum anti-sette che la Senatrice aveva originariamente indicato, oltre alla professoressa Anna Maria Giannini.

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La professoressa Giannini, ordinario di medicina e psicologia presso la Sapienza, è sostenitrice dell’Associazione Giovanni XXIII° di don Aldo Bonaiuto ed è notoriamente favorevole alla reintroduzione del reato di "plagio". La sua perfetta concordanza col forum anti-sette e i referenti della S.A.S. si evince anche dal resoconto stenografico della seduta in questione:

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Un netto vantaggio numerico a favore dei gruppi anti-sette referenti della S.A.S.

L’audizione dell’8 novembre 2011 è durata solo 45 minuti e riguardava i pareri di un paio di giuristi che non si interessavano di “sette” o di anti-sette.

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Ma è l’ultima e più recente audizione del 9 maggio 2012 che ha segnato senza dubbio la svolta ampiamente a favore degli anti-sette, poiché la Senatrice Allegrini ha fatto convocare le cosiddette “vittime” delle “sette” e un gruppo di giornalisti anti-sette.Audizioni-090512-forweb

In realtà le presunte “vittime” erano e sono collaboratori delle associazioni che compongono il forum anti-sette. Infatti Maria Pia Gardini è portavoce dell’ARIS Toscana e collabora col forum come “esperta” del gruppo di Scientology. Sara Sabucci collabora da anni con la FAVIS per contrastare un gruppo carismatico capeggiato da Patrizia Valmaggi. Gabriella Monaco collabora con la dottoressa Tinelli del CeSAP di Bari per contrastare il gruppo Arkeon.

Gli altri tre personaggi auditi erano i giornalisti Piergiorgio Giacovazzo, Stefano Pitrelli e Gianni del Vecchio. Tutti ostili verso le “sette”, simpatizzanti del forum anti-sette e sostenitori della reintroduzione del “plagio”.

Il primo, Giacovazzi, è autore di un recente programma RAI dal titolo “La Prigione delle Sette” che ha ospitato la dirigente nazionale della S.A.S. Maria Carla Bocchino, don Aldo Bonaiuto, Maria Pia Gardini dell’ARIS Toscana e Claudia Vincenzi della FAVIS.

Pitrelli e Del Vecchio invece sono gli autori di un libro dal titolo sensazionalistico “Occulto Italia”. Un testo elaborato dai due giornalisti in stretta collaborazione col forum anti-sette (in particolar modo con la dottoressa Tinelli del CeSAP) e presentato l’anno scorso presso la Sala delle Colonne della Camera dei Deputati alla presenza di rappresentanti della S.A.S..

Gaida-Maria-Nicoletta-forwebL’unica persona audita durante la seduta del 9 maggio che apparentemente non appartiene al forum anti-sette, né ai giornalisti che li appoggiano o alla S.A.S. è la dottoressa Maria Nicoletta Gaida.

Americana trasferitasi in Italia nel 1979, è stata attrice cinematografica e televisiva. Fondatrice e dirigente dell’associazione Ara Pacis (www.arapacis.org), non sembra che in passato abbia avuto a che fare con “sette” e anti-sette. Eppure è stata convocata dalla Commissione Giustizia per essere audita sul progetto di legge sulla “manipolazione mentale”, senza che peraltro ci sia traccia delle sue dichiarazioni.

Non è chiaro quale sia il suo ruolo, se non il fatto che ha coordinato personalmente le questioni tenico-logistiche per l’audizione in videoconferenza di Maria Pia Gardini. E’ stata la Gaida che ha attivato per la Gardini il software telematico per l’audizione e che ha agevolato il suo incontro con un certo Maresciallo Cerasi per dare assistenza a domicilio alla Gardini durante l’audizione.

Quale che sia stato il suo ruolo nella vicenda, è lecito ritenere che il forum anti-sette e la Senatrice Allegrini fossero al corrente che questa privata cittadina stava svolgendo funzioni che di certo non erano di sua pertinenza.

Unico indizio di una qualche relazione della dottoressa Gaida col forum anti-sette è la sua amicizia con l’attore-parlamentare Luca Barbareschi, col quale ha fondato un’agenzia letteraria nel 1988. Barbareschi ha da tempo contatti col forum anti-sette e ha promesso loro di adoperarsi per far approvare il DDL n.569.

Fino a questo punto i pareri numericamente prevalenti riguardo la presunta “pericolosità delle sette” e la necessità o meno di reinserire nell'ordinamento il reato di “plagio”, non sono quelli di accademici super partes, ma quelli provenienti dal mondo degli anti-sette e dai giornalisti che li sostengono.

Da quanto esposto sopra e dai dati degli articoli precedenti è chiaro che vi è un’intenzione politica e poliziesca al lavoro per far approvare la proposta di legge per la reintroduzione del “plagio”.

La quantità di rappresentanti e collaboratori del forum anti-sette auditi dalla Commissione Giustizia, l’esclusione di rappresentanti delle “sette” tra coloro che sono stati auditi, il numero limitatissimo di voci a sfavore della reintroduzione del “plagio”, l’audizione di giornalisti schierati a favore degli anti-sette, i contatti particolari del Senatore Caruso e della Senatrice Allegrini col forum anti-sette; tutto indica la chiara intenzione di far prevalere il messaggio anti-sette.

Un messaggio che proviene anche dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero degli Interni, che si era avvalso degli stessi anti-sette (poi nominati referenti della S.A.S.) per redigere il famigerato Rapporto del 1998 e la Circolare De Gennaro del 2006 (vedasi l’articoloSquadra Anti Sette e Costituzione).

Una ulteriore prova delle vere intenzioni di coloro che stanno manovrando per far approvare il DDL n. 569 sulla “manipolazione mentale” è l’accettazione di pareri di presunti esperti (Alessandrini, Bonaiuto, Tinelli) senza neanche verificarne i curricula per valutarne le reali competenze. Qualsiasi accademico che si rispetti avrebbe rigettato i loro pareri come incongruenti e inattendibili.

Ancor peggio, l’introduzione “nell’indagine conoscitiva” della Commissione di false testimonianze di presunte vittime delle “sette”, nonché l’estrema superficialità con la quale tali testimonianze sono state accolte senza alcuna verifica.

Sarebbe bastato poco per scoprire che la storia della sig.ra Sara Sabucci non aveva nulla a che fare col fenomeno che si vorrebbe trattare col DDL n. 569. Se la Commissione avesse richiesto gli atti della causa per maltrattamenti che la Sabucci ha promosso contro una presunta "setta", avrebbe constatato che era stata persa in primo grado dalla Sabucci (dalla sorella Laura e dalla madre Sandra Benedetti) e che si era conclusa in appello con l’assoluzione dell’imputata per intervenuta prescrizione. Ma l’aspetto che avrebbe collocato la vicenda nella sua giusta ottica è l’incessante attivismo della FAVIS di Alessandrini per influenzare il giudizio penale con vari mezzi sia mediatici che con interventi diretti nella causa, fino a nominare un difensore di parte civile sostenitore della FAVIS.

La vicenda della signora Gabriella Monaco è ancor meno pertinente, essendo la stessa una “vittima di una setta” di cui non ha mai veramente fatto parte, il gruppo Arkeon (ha partecipato solo a due seminari dell’associazione e solo per distogliere il marito dalla stessa). Nella vicenda processuale tuttora in itinere avanti il Tribunale Penale di Bari, la Monaco lamenta il fatto di essere stata abbandonata dal marito Silani Daniele che l’ha tradita per una parrucchiera. Un caso privato, doloroso, ma privato e che non ha niente a che fare col “plagio”. La Monaco se l’è presa con Arkeon perché ha appreso del tradimento in quel contesto. Anche in questo caso la Commissione poteva certamente indagare più a fondo dato che la Senatrice Allegrini ha parlato di “completa istruttoria legislativa”. Poteva richiedere gli atti del processo che erano a disposizione della stessa Monaco, invece che limitarsi ad ascoltare la versione di una donna comprensibilmente amareggiata.

Ma la testimonianza più inattendibile è proprio quella che, due giorni dopo l’audizione in video-conferenza, la Senatrice Allegrini ha definito “fondamentale”, quella della signora Maria Pia Gardini.

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In questo caso sarebbe stato sufficiente analizzare le dichiarazioni contraddittorie che la Gardini ha rilasciato alla stampa e scritto nei suoi due libri per scoprire che era completamente inattendibile. Le dichiarazioni che ha poi fatto durante la sua audizione contraddicono ulteriormente quanto aveva dichiarato in precedenza.

Ecco alcuni esempi di tali contraddizioni.

Analisi delle dichiarazioni rese da Maria Pia Gardini
nel corso dell'audizione tenuta il 9 maggio 2012
innanzi alla Commissione Giustizia del Senato

Introduzione

Scopo di questo testo, è analizzare le affermazioni più rilevanti rilasciate dalla Sig.ra Maria Pia Gardini durante l'audizione in oggetto, al fine di evidenziare - esclusivamente mediante l'ausilio delle sue stesse dichiarazioni rilasciate in precedenza - come queste affermazioni siano prive di fondamento, o non veritiere, o aventi un secondo fine.

NOTA: le dichiarazioni della Sig.ra Gardini qui riportate, sono basate sulla trascrizione non professionale del file audio dell'audizione tenuta il 9 maggio pubblicato all'indirizzo:
http://www.radioradicale.it/naviga?page=1&eventi_parent=camera%2Csenato%...

I numeri tra parentesi indicano il timing del file audio in minuti e secondi.

Capitolo 1 - L'adesione a Scientology

DOMANDA: (00:38) "Ci vuole raccontare brevemente la sua esperienza in Scientology?"

GARDINI: La mia esperienza è stata che era entrata mia figlia in Scientology, l'avevano presa perché aveva fatto il Narconon, ed era andata in America e io ho mollato baracca e burattini e le sono corsa dietro.

Più avanti nell'audizione, la Gardini ribadisce il concetto in questo breve scambio:

DOMANDA: (36:46) "In sintesi, lei è entrata in Scientology per salvare sua figlia."
GARDINI: "Io ero convinta di riuscire a tirarla fuori."
DOMANDA: "Sì, dalla droga, attraverso Scientology."
GARDINI: "No, di tirarla fuori anche da Scientology."

Più avanti la Gardini conclude con:

(38:28) "Io dovevo cercare solo di starle vicina e farle io il lavaggio mentale per tirarla fuori."

Già in altre dichiarazioni, come nell'intervista(1) rilasciata alla trasmissione di RAI UNO "Storie Vere" nel 2011, la Gardini testimonia che entrò in Scientology al fine di persuadere la figlia a lasciare il gruppo, dando però una versione più drammatica:

«Io sono entrata in Scientology per seguire mia figlia, che era stata presa e portata in America. [...] Io ho voluto seguirla, pensavo di poterla tirare fuori.»

In questa versione la figlia non è andata in America per sua scelta, ma – sembrerebbe – contro la sua volontà (o forse il suo libero arbitrio). Una versione identica a questa, la si trova anche nel libro "I miei anni in Scientology" (2), dove a pagine 16 si legge che la Gardini si sarebbe spinta "addirittura oltreoceano per inseguire la figlia". Questa narrazione presuppone che prima ancora di entrare in Scientology, la Gardini fosse già consapevole che si trattava di un gruppo pericoloso, da cui era necessario "tirare fuori" la figlia. È un presupposto che viene ripetutamente rimarcato dalla Gardini durante l'audizione ("lei ci credeva, ci ha creduto fino in fondo ... mentre io non ci credevo", ecc.).

Questa versione contraddice altre rilasciate dalla Gardini stessa. Per esempio, nel libro "I miei anni in Scientology" si legge:

«Tutto cominciò quando scoprii che mia figlia Federica si drogava. Prima d’allora non avevo mai sentito parlare di Narconon (i centri di disintossicazione e riabilitazione per tossicodipendenti legati a Scientology, ispirati al metodo del suo fondatore Ron Hubbard). Né sapevo cosa fosse la stessa Scientology.» (pag. 19)

Se allora non sapeva cosa fosse Scientology, non si comprende come potesse ritenere indispensabile "tirarla fuori". L'esperienza al Narconon era stata nel complesso soddisfacente, come spiega la Gardini stessa nel "Libro nero delle sette in Italia" (3):

«Nove mesi dopo l'ingresso al centro, Federica è riuscita ad allontanarsi dall'eroina e questo è stato per me e per la nostra famiglia un ottimo punto di partenza.» (pag. 340)

Inoltre, in un'affidavit (4) rilasciato nel 2001, la Gardini motiva il suo ingresso in Scientology in un modo che smentisce la testimonianza resa durante l'audizione del 9 maggio:

«quando mia figlia arrivò ai livelli OT (5) mi convinse ad incontrare alcune persone dell'org di Roma che mi convinsero a fare il rundown di purificazione e a provare l'auditing.
[...]
alla fine mi sentii meglio. Allora decisi di continuare

Nel "Libro nero delle Sette in Italia", la Gardini racconta più in dettaglio come arrivò ad aderire a Scientology. A pagina 342 si legge che, terminato il "rundown di purificazione" e le sedute di auditing di cui sopra:

«Ammetto, alla fine di quel primo ciclo, di essermi sentita molto meglio e, avendo ritrovato in parte il mio equilibrio, domandai se fosse possibile acquistare ulteriori ore di auditing, nel tentativo di superare anche altri miei dolori e insoddisfazioni, tra cui il divorzio da mio marito. E così comprai centoventi ore, che impiegai raccontando tutti i momenti negativi della mia vita, facendoli sempre più scivolare via, come fossero questioni da nulla. Al termine di queste "sedute" ricordo di aver pensato: "Be', forse allora qualcosa funziona»

La Gardini ribadisce questa versione – che smentisce quella fornita alla Commissione del senato – nel libro "I miei anni in Scientology" a pagina 22. Racconta che raggiunto lo "Stato di Clear" (una condizione spirituale medio-alta), la figlia era sempre più entusiasta di Scientology e chiese alla madre il permesso di andare a Copenhagen per proseguire sui livelli "OT":

«Fu proprio in quel periodo che, prima quasi scherzando, poi con insistenza sempre maggiore, mi propose di seguirla in Scientology. "Perché non lo fai anche tu? Ti farà bene, mamma". Era sinceramente preoccupata per il mio stato d'umore, le mie malinconie sempre più frequenti. Pochi mesi prima, il 13 marzo 1983, mentre lavoravo a Roma, avevo perso mio padre, una delle persone che hanno contato di più nella mia esistenza.
[...]
In breve, dopo la morte di papà ero entrata in depressione e m'ero lasciata un po' andare. Avevo iniziato a sbevazzare. E così la proposta di Fede, che in un altro contesto esistenziale avrei liquidato con una risata, non mi sembrava da scartare a priori. Non mi pareva assurda. Ero titubante. In casa tenevo ancora quei libri che m'avevano venduto a Pordenone e che ovviamente non avevo ancora sfogliato. E dal cestino dove l'avevo gettato andai a riprendermi "Dianetics" e iniziai a leggere anche "Scientology: una nuova ottica sulla vita", una raccolta di saggi di Ron Hubbard che prometteva "risposte concrete alla vita". E dopo quello altri testi simili. In quel momento era forse ciò che cercavo.
Intanto mia figlia mi fece incontrare alcune donne, membri dello staff di Scientology di Roma. La loro proposta era di iscrivermi a un Purif, cioè un Programma di Purificazione. "Perché non provi, mamma? Ti viene pure un bella pelle. Non può farti che bene", insisteva mia figlia. Pur di non sentirmi ripetere la stessa insistente tiritera, accettai. "Ma sì", mi dissi, "che male mi può fare?"»

Quindi la Gardini entrò in Scientology su sollecitazione della figlia, ma fu una sua libera scelta, dettata dalla convinzione di poter incontrare ciò che "stava cercando" e non per l'urgenza drammatica di "correre dietro alla figlia". Nello stesso libro, la Gardini spiega in dettaglio anche come si sentì dopo aver ricevuto dell'auditing, l'assistenza spirituale di Scientology:

«ti senti bene, come ti fossi liberata da un opprimente peso interiore. Mi sento talmente bene che consumo quasi tutto l’intensivo, cioè quasi sette ore, dentro quella stanza. E, una volta uscita, riesco per la prima volta a guardare la morte di papà in modo distaccato, sereno. «Ma allora funziona», mi dico.
[...]
Insomma s’è trattato di un’esperienza positiva, che voglio ripetere, perché ho altri episodi dolorosi della mia vita da scaricare. Mi reco allora dal registrar (l’addetto di Scientology alle vendite dei corsi e dei vari servizi, insomma colui che batte cassa)» (pag. 36)

E successivamente, a pagina 39, dà una versione esattamente opposta rispetto a quella resa alla Commissione:

«E poi, ammetto: il Book one [l'auditing - ndr] mi interessa e mi prende sempre più tempo. Sono molto attirata dal fatto di condividere questa esperienza con mia figlia, che intanto pensa già ad andare negli Stati Uniti per fare i suoi OT6 e OT7. Sono combattuta: da una parte c’è mia madre che ci prende entrambe per pazze, dall’altra Federica che, alla fine, mi convince ancona. “Ma sì”, mi dico, “in questo momento della sua vita non può che farle bene”

Non corrisponde quindi al vero che la figlia "era stata presa e portata in America" e la Gardini abbia dovuto mollare "baracca e burattini" per "inseguire la figlia". Inizialmente la Gardini è titubante, poi si convince e dà il suo assenso, ritenendo che "in questo momento della sua vita non può che farle bene".

Da quanto dichiarato nell'affidavit del 2001 e nei due libri sopra menzionati, la Gardini ha aderito a Scientology come ogni altra persona che vi ha aderito prima e dopo di lei: ha fatto alcuni corsi di base, ha creduto di trarne giovamento e così ha proseguito il suo cammino e condiviso la scelta della figlia di recarsi in America per i corsi avanzati. Nessun accenno alla necessità di salvare la figlia "presa" dalla setta; nessuna necessità di rimanere 9 anni in un gruppo fingendo di credere nella sua dottrina per cercare di salvare la figlia facendole il "lavaggio mentale" e tirarla fuori.

Quanto al fatto che la figlia era stata "presa e portata in America", nella testimonianza riportata sul "Libro nero delle sette in Italia" non c'è traccia di questa costrizione patita da Federica, tutt'altro:

«In ogni caso, però, cercai di assecondarla, visto che Federica sosteneva di stare tanto bene in quella realtà» (pag. 341)

Un altro aspetto rilevante è che - sempre dalle dichiarazioni della stessa Gardini - si apprende che non c'è mai stato alcun inseguimento ("addirittura oltreoceano"), dato che la figlia:

«faceva la spola tra Roma, dove abitavamo io e la mia nipotina [figlia di Federica - ndr], e Milano, in cui si trovava la sede della Chiesa; ebbe modo di incontrare un bravo ragazzo e per giunta di ottima famiglia (ovviamente scientologo) e da quel momento la sua dedizione all'Organizzazione fu totale.» (ibidem, pag. 341)

E quando la figlia si sposa, la Gardini afferma che:

«aveva fondato un centro Narconon alla Castellina nella nostra tenuta di Scarlino vicino a Grosseto, subito dopo aver messo fine al capitolo droga. [...] E, col marito Franco, aveva aperto pure a Castiglione della Pescaia una missione di Scientology, una specie di sub-agenzia della filiale che dipendeva dalla Org di Milano.» (I miei anni in Scientology, pag. 97)

Ma è nel "Libro nero delle sette" che la Gardini spiega che la decisione di trasferirsi in America non ha nulla a che vedere con il dover "inseguire" la figlia "presa e portata in America":

«Nel contempo, mentre io mi convincevo sempre più che effettivamente quelle sedute qualche beneficio me lo stessero offrendo, continuavo ad accrescere, con il mio denaro, le casse di Scientology che, vedendomi quale perfetto pollo da spennare, mi proponeva lezioni su lezioni, arrivando fino al punto di chiedermi di entrare a far parte dell'organizzazione americana, ovvero di lanciarmi ai massimi vertici della Chiesa.
E così feci la pazzia: vendetti la casa di produzione cinematografica e la società di pubblicità e mi trasferii negli Stati Uniti, anche perché mia figlia, nel frattempo, era diventata una dello staff a Milano (pag. 343)

Questo brano necessita di un paio di puntualizzazioni.

La prima riguarda l'affermazione: "feci la pazzia: vendetti la casa di produzione cinematografica e la società di pubblicità e mi trasferii negli Stati Uniti". Stando a quanto da lei stessa narrato, Maria Pia Gardini fa i primi corsi di base nel 1985 e alcuni mesi dopo decide di entrare nell'organizzazione americana e di trasferirsi negli Stati Uniti. Da una visura camerale risulta che "la casa di produzione cinematografica" (Pal Cinematografica s.r.l.) era stata dichiarata fallita già nel dicembre del 1984, prima che la Gardini conoscesse Scientology, mentre "la società di pubblicità" (Publifilm s.r.l.) era fallita ancora prima, nel settembre '84.

Secondo. Nell'audizione resa alla Commissione Giustizia del Senato, la Gardini dichiara:

(03:13) «Mia figlia non ha mai fatto lo staff, era un "pubblico". Io ero staff.»

mentre nel brano sopra citato: «mia figlia, nel frattempo, era diventata una dello staff a Milano.»

Poiché la figlia era diventata una funzionaria della chiesa di Scientology di Milano, la Gardini non va in America per seguire la figlia, al contrario si allontana da lei. E come spiega anche nel libro "I miei anni in Scientology" a pagine 70, lo fa perché vuole essere "una scientologa in carriera". Motivazione che viene ribadita a pagina 79, dove racconta che terminato un corso di addestramento tenuto a Clearwater, in Florida, avrebbe dovuto tornare in Italia per lavorare come auditor a Milano (dove lavora sua figlia), ma il suo superiore, Norton, le propone di stabilirsi in America:

«Sto per fare le valigie per l’Italia. Ormai sono un’invidiata OT7 e un auditor di classe 9. Quello che dovevo fare qui, l’ho fatto, quindi, byebye, America. Ma inaspettatamente vengo convocata nientemeno che dal captain Ron Norton, persona stupenda, che stimo tantissimo, uno che a Scientology ha dato la vita, con convinzione e abnegazione.
Senza molti preamboli mi fa una proposta: «Puccy», mi chiede nel suo buffissimo italiano con accento yankee, «cosa vai a fare in Italia? Chi vai ad audire? Tu sei un auditor di Flag, classe 9, e andresti a fare quello che può già fare un classe 4 o 5». Insomma mi fa capire che con i gradi attuali, in Italia la mia esperienza sarebbe davvero sprecata.
[...]
Che fare? Tornare a casa tra i miei affetti, la mia vita? O restare nel quartier generale spirituale della religione di Scientology con incarichi sempre più importanti? Mia figlia non ha dubbi: "Accetta, mamma", mi dice per telefono. "Sei ormai nell’élite, nella Mecca della perfezione tecnica. Cosa vuoi di più?" ... Incalzata da Norton e da mia figlia, alla fine capitolo di fronte alle loro insistenze e firmo il passaggio dall’Italia a Flag.»

Capitolo 2 - Il ricatto della "Disconnessione"

Nella testimonianza alla Commissione Giustizia, la Gardini riferisce ripetutamente che fu costretta a entrare in Scientology per non vedersi preclusa ogni possibilità di contatto con la figlia:

(10:24) «Il discorso è molto semplice: mia figlia quando entrò in Scientology mi fece una telefonata e mi disse "Mamma siccome tu non sei in Scientology io non posso più avere alcun contatto con te" e al quel punto io mollai baracca e burattini e le corsi dietro. Siccome lei era in America io corsi in America.»

(17:48) «Dunque, il discorso della manipolazione è molto semplice. Prima di tutto buttare avanti mia figlia, la mia unica figlia, col discorso che se no non potevo più vederla, che lei non poteva parlare con me perché io non ero scientologa eccetera.»

DOMANDA: (20:14) "Signora, da quello che ho capito, si sentiva ricattata, nel senso che se non avesse fatto ciò che le dicevano, non avrebbe potuto vedere sua figlia. Ho capito bene?"
GARDINI: "Certo."
DOMANDA: "Ma che le dicevano che non poteva vedere sua figlia se non fosse entrata lei stessa in Scientology, lei glielo aveva detto questo alle autorità, ai Carabinieri?"
GARDINI: "Certo. Ma guardi che esiste una cosa in Scientology che ce l'hanno anche i Testimoni di Geova e anche altri gruppi, che si chiama "disconnessione". Cioè tu devi disconnettere da chiunque sia contrario a Scientology o non ragioni come Scientology. Allora sia che sia tuo padre, tua madre o tua sorella, se non è scientologa, se non ragiona come Scientology, tu devi disconnettere ed è quello che stava facendo mia figlia con me."

DOMANDA: (27:06) "Lei ha detto che la minacciavano di non farle vedere più sua figlia, è così?"
GARDINI: "Sì, ma a parte quello, erano altre le cose."
DOMANDA: "No, sua figlia, in quel momento non si trovava col marito negli Stati Uniti?"
GARDINI: "Sì."
DOMANDA: "E allora io mi domando: come facevano a impedire a lei di vedere sua figlia che non era all'interno? [dello staff di Scientology - ndr]
GARDINI: Ma era mia figlia che essendo scientologa convinta, ubbidendo agli ordini dei suoi superiori, non poteva vedermi perché io ero contraria a Scientology."

La Gardini sarebbe entrata in Scientology per non perdere contatto con l'unica figlia, una motivazione a cui nessuno potrebbe sottrarsi. Questo ricatto è spiegato più in dettaglio in una intervista (6) alla TV svizzera RSI:

«un giorno mi ha telefonato e mi ha detto "Mamma, io non posso più né vederti né parlarti". E dico, perché? Eh, dice, "non sei scientologa". E qui entra in ballo il discorso della disconnessione, o con me o contro di me. "Scusa, cosa devo fare per" dice: "vai all’organizzazione di Roma". Io andai all’organizzazione di Roma.»

Nel "Libro nero delle sette in Italia", viene fornito un nuovo dettaglio:

«se io, come madre di una scientologa non avessi abbracciato il suo stesso pensiero, sarei stata ripudiata e considerata una nemica di mia figlia, che a sua volta sarebbe stata cacciata.» (pag. 341)

Un doppio ricatto quindi: la minaccia della "disconnessione" più l'espulsione della figlia dal gruppo.

Va innanzitutto rilevato che questa versione che contempla il ricatto è in aperta contraddizione con quella vista nel primo capitolo, dove la Gardini afferma che aderire a Scientology fu una sua strategia dettata dalla volontà di stare vicino alla figlia, al fine di farle un "lavaggio mentale" nella speranza di "tirarla fuori da Scientology".

Inoltre, questo doppio ricatto ("disconnessione" più espulsione della figlia) presenta delle incongruità logiche:

  1. Un gruppo può imporre a un affiliato la disconnessione oppure può espellerlo, non entrambe le cose, perché a una persona che è stata espulsa non è più possibile imporre l'applicazione di un codice interno.
  2. La Gardini sarebbe entrata in Scientology per cercare di "tirare fuori" la figlia, ma se non avesse aderito al gruppo, la figlia sarebbe stata cacciata dal movimento; ne risulta che per "tirarla fuori" sarebbe bastato che la Gardini non fosse entrata in Scientology.

A parte queste illogicità, nel capitolo precedente (7) abbiamo già visto le numerose dichiarazioni della Gardini che smentiscono questa storia del ricatto. Di illogicità e contraddizioni ce ne sono altre, ma prima di vederle va fatta una breve considerazione basata sul buon senso, che mostrerà come la storia della minaccia di "disconnessione" non è plausibile.

Per assecondare un figlio divenuto, per esempio, un fervente cattolico, è comprensibile che un genitore non credente frequenti la parrocchia fingendo devozione. Sarebbe però assurdo se per assecondare questa finzione arrivasse a farsi prete. Fuor di metafora, sarebbe stato logico che, per compiacere la figlia, la Gardini avesse frequentato l'organizzazione di Roma in qualità di public, ossia di fedele. In questo modo si sarebbe messa al pari della figlia, che all'epoca era pure lei un semplice public. Già entrare nello staff sarebbe stata un'esagerazione insensata per chi non crede in Scientology. La Gardini però fa molto più di questa assurdità: appena pochi mesi dopo aver conosciuto Scientology (e con la figlia ancora public) aderisce alla Sea Organization, l'élite di Scientology, composta dai membri più devoti e dedicati, una sorta di ordine monastico, arrivando peraltro ad assumere all'interno della chiesa un ruolo ecclesiastico di spicco, al punto che nel "Libro nero delle sette in Italia", la Gardini è paragonata a un vescovo della Chiesa cattolica (pag.351).

Vediamo ora altre dichiarazioni della Gardini che smentiscono questo presunto ricatto.

In merito alla pratica della disconnessione, è la Gardini stessa che in una intervista (8) a Repubblica TV del 2007, spiega (correttamente) che ogni scientologo è libero di mantenere rapporti con tutti, compreso ovviamente chi non è in Scientology, ed è solo con chi è dichiaratamente ostile verso il gruppo che è necessario interrompere ogni rapporto, ossia "disconnettere":

(08:30) Intervistatrice: «Bisogna disconnettere solo nel caso che un parente, un amico, un vicino sia contrario?
Gardini: «Sia contrario, altrimenti si può rimanere in contatto.»

E la Gardini non era affatto ostile a Scientology, tutt'altro. Tanto che nella piccola organizzazione di Roma, che la Gardini ha brevemente frequentato solo agli inizi per fare i primi corsi di base:

«un busto di Ron Hubbard che è rimasto all’ingresso della sede romana per anni, con tanto di targa sul retro col nome della benemerita Maria Pia Gardini, era frutto di una delle mie tante donazioni» (I miei anni in Scientology, pag. 132)

Un'altra incongruenza è il fatto che la minaccia di disconnessione non riguardava la nonna, che "Fede aveva addirittura provato a far entrare la nonna in Scientology" ("I miei anni in Scientology", pag. 98). Al contrario della Gardini, la nonna aveva un atteggiamento apertamente critico, se non ostile, verso Scientology. Un giorno arrivò perfino a minacciare una denuncia:

«Con tono intimidatorio le fanno capire che, per rivedere la nipote, sarebbe stato meglio pagane subito anche gli ulteriori due livelli, fino a OT5. Mia madre, donna che non si lascia impressionare facilmente, minaccia di denunciarli se Federica non fosse tornata in Italia col primo aereo, e li caccia fuori. Il giorno dopo mia figlia è già di ritorno.» (ibidem, pag 34)

«mia madre che ci prende entrambe per pazze [...] con la totale disapprovazione di nonna Mavie, Federica parte per l'America» (ibidem, pag 40)

Per la nonna - contraria a Scientology - nessuna minaccia di disconnessione, mentre il ricatto sarebbe stato esercitato sulla madre che, al contrario della nonna, la figlia cercava di "assecondarla, visto che Federica sosteneva di stare tanto bene in quella realtà".

Capitolo 3 - L'abbandono dopo la morte della figlia

Se si entra in Scientology per "inseguire" la figlia "presa e portata in America" (oppure per non essere ripudiata dalla figlia, che a sua volta sarebbe stata espulsa dal movimento), è ovvio che alla sua scomparsa, si abbandona immediatamente il gruppo nella cui dottrina non si è mai creduto.

Questo concetto viene ribadito più volte durante l'audizione alla Commissione Giustizia:

(1:00) «Sono rimasta 9 anni. Purtroppo dopo 9 anni mia figlia è venuta a mancare, e io sono uscita.»

(07:28) «Morta mia figlia, mia figlia purtroppo ha preso una malattia ed è morta, io ho sbattuto la porta.»

(13:47) DOMANDA: «Lei si è accorta di più di quello che le accadeva dopo la morte di sua figlia?»
GARDINI: «Beh no, io dopo la morte di mia figlia non è che mi sono accorta di più. Io me ne sono proprio andata.»

Di questo abbandono conseguente alla morte della figlia, la Gardini ne aveva già parlato in diverse interviste. Durante la già citata TV svizzera RSI, dove dichiara che la figlia:

«a fine 90 è morta e io mi presentai da quello che era il mio capitano, capitano di Flag a Clearwater in Florida e dissi: io me ne vado, non ho più ragione di rimanere.»

In una intervista pubblicata dal quotidiano La Repubblica:

«Sapevo di essere raggirata, e dico basta quando mia figlia muore.»

Alla già citata trasmissione "Storie Vere":

«Come è morta mia figlia, naturalmente, ho preso la porta e senza sbatterla sono uscita.»

Si tratta di una storia che, stando a quanto dichiarato dalla Gardini stessa, non corrisponde al vero. Dei 9 anni trascorsi in Scientology (anzi "Otto anni e mezzo" precisa la Gardini durante l'audizione), quattro li farà dopo la scomparsa della figlia. E saranno 4 anni in cui continuerà a praticare attivamente Scientology, a raggiungere nuovi livelli spirituali e a dare auditing, ossia a esercitare il suo ruolo pastorale.

In tutte le interviste la Gardini sostiene di avere sempre considerato Scientology "una truffa" (10). Questa affermazione viene smentita oltre che dalle numerose dichiarazioni viste nei capitoli precedenti, anche dal seguente brano:

«l'unico motivo per cui continuavo a restare all'interno di Scientology era la passione che mettevo ogni volta che audivo qualcuno: mi rendeva felice riuscire a rasserenare le persone e sentirmi dire che avevano superato, grazie a me, delle situazioni difficili e dolorose» (Libro nero delle sette, pag. 346)

Se fosse stata convinta che Scientology era una truffa, non avrebbe potuto svolgere il suo lavoro con "passione" perché la "rendeva felice" vedere le persone trarne giovamento. Inoltre, questo "unico motivo" che la trattiene in Scientology, è riferito al periodo precedente il decesso della figlia, quando Maria Pia Gardini viveva in America (e la figlia in Italia), ed esclude che "l'unico motivo" della sua affiliazione fosse il tanto sbandierato timore della disconnessione, il quale a sua volta esclude che "l'unico motivo" fosse l'inseguimento oltremare per "tirarla fuori".

Un'altra contraddizione della Gardini dai risvolti imbarazzanti in merito al fatto di avere sempre considerato Scientology "una truffa" ("convinzioni a dir poco assurde, per non dire deliranti" (11), "frutto di idee pazzesche" (12) e di "tutte le panzane" del fondatore di "Scemology" (13)) a cui non ha mai creduto. La Gardini si è ripetutamente vantata del fatto che c'erano persone:

«che venivano in America solo per essere auditi da me, e parlo di industriali, personaggi in vista e molto noti del panorama internazionale. [...] ero circondata da uomini e donne che mi stimavano e mi cercavano continuamente, fidandosi e mettendosi nelle mie mani.» (Libro nero delle sette in Italia, pag. 346)

Sommando questa circostanza al fatto di non avere mai creduto in Scientology, la Gardini descrive sé stessa come una persona che non si fa scrupolo di truffare persone che la stimano e si fidano di lei. Ma l'importanza di quest'ultima citazione sta nel fatto che qui cominciano ad emergere quelle che appaiono come le vere motivazioni psicologiche della sua permanenza in Scientology, lungamente protratta anche dopo la scomparsa della figlia. Motivi che la Gardini mette nero su bianco in "I miei anni in Scientology", quando afferma che:

«essere un OT3 dentro Scientology è fuor di dubbio uno status: all’interno della Organizzazione ti senti un dio, e gli altri ti invidiano. E poco importa, per me, se al di fuori invece resto Puccy coi miei problemi e insoddisfazioni.» (pag. 53)

Anche all'inizio, nella piccola "org" di Roma dove aveva fatto i primi corsi (e dov'era affissa una targa "col nome della benemerita Maria Pia Gardini"), il meccanismo psicologico che la spinge a praticare Scientology con entusiasmo sembra essere sempre lo stesso:

«Io in quel mondo ci stavo a pennello: frequentato da persone dello spettacolo e della mondanità, avevo instaurato ottimi rapporti di amicizia con molti membri» (Libro nero delle sette in Italia, pag. 342)

Gratificata dal fatto di frequentare personaggi della mondanità, in Scientology la Gardini ci si ritrova "a pennello".

Considerando anche il brano visto nel cap. 1 ("Che fare? Tornare a casa tra i miei affetti, la mia vita? O restare nel quartier generale spirituale della religione di Scientology con incarichi sempre più importanti? Mia figlia non ha dubbi: «Accetta, mamma», mi dice per telefono. «Sei ormai nell’élite, nella Mecca della perfezione tecnica. Cosa vuoi di più? ... Incalzata da Norton e da mia figlia, alla fine capitolo di fronte alle loro insistenze e firmo il passaggio dall’Italia a Flag"), il quadro complessivo diventa evidente: venire considerati "un dio", avere uno status sociale invidiabile, frequentare personaggi in vista, appartenere all’élite, essere "nella Mecca" di Scientology con "incarichi sempre più importanti", venire "accolti come trionfatori e fautori del bene del mondo" (14), possono essere delle lusinghe determinanti nel compiere una scelta di vita.

Nel libro "I miei anni in Scientology", Maria Pia Gardini palesa questo sua ansia di primeggiare, "alimentato dalla mia voglia di eccellere" (pag. 70), raccontando che quando a Copenhagen attesta il raggiungimento dello stato di Clear, festeggia:

«con altri italiani imbarcatisi per Copenhagen per la stessa avventura. Li avrei ritrovati anni dopo negli Stati Uniti, io in veste di auditor e loro coi barattoli dell’e-meter in mano. Come dire: presi e superati.» (pag 45)

Motivazioni inebrianti per chi della propria vita ha "un bilancio in rosso" (ibidem, pag. 137). Ora la Gardini sostiene di non aver mai creduto in Scientology, ma in molte sue dichiarazioni si descrive invece una adepta addirittura entusiasta, al punto che:

«l’elettrometro con le sue lattine luccicanti diventa il mio primo e inseparabile compagno. E devo dire che arrivano pure gratificazioni e riconoscimenti.
[...]
Il mio nome compare spesso a caratteri cubitali nelle bacheche della Sea Org come superstar.» (ibidem, pag. 71)

Lusingata nel sentirsi considerata "un auditor di estremo valore" (15), la "superstar" Maria Pia Gardini non era in America per "tirare fuori la figlia" (che lavorava invece nella chiesa di Milano). Per chi ha un passato tutto da dimenticare (lo vedremo nel prossimo capitolo), si tratta di un successo insperato che le rappresenta una notevole rivincita.

Nel libro "I miei anni in Scientology", c'è un altro brano che evidenzia come all'interno di Scientology la Gardini poteva finalmente sentirsi una persona di successo, mentre al di fuori del movimento le intemperie della vita avevano lasciato il segno. È già trascorso un anno dalla scomparsa della figlia (ossia da quando, secondo la versione data in audizione, aveva già "preso la porta e sono uscita") e Maria Pia Gardini delinea questa situazione:

«Gli amici sono solo numeri telefonici di una rubrica ormai inutilizzata. Gli affari vanno male, anzi non esistono proprio. A Castiglione mia figlia non c’è più. È rimasta mia madre in preda a una forte depressione e temo di ricaderci anch’io; ne avrei qualche motivo e ne ho paura. In Florida, invece, ho comunque una casa mia, un’amica carissima e uno status sociale invidiabile, benché circoscritto all’asfissiante recinto di Flag. Tornando, insomma, non perdevo solo la vista delle palme e la vicinanza con le spiagge coralline» (pag. 109)

Sentire di avere "uno status sociale invidiabile", essere ammirati, sono soddisfazioni che potrebbero non essere estranee neppure alla sua trasformazione in implacabile "nemica" (16) di Scientology dopo esserne stata una fervente sostenitrice:

«quell’intervista avrebbe fatto in poche settimane il giro del mondo. Da lì è iniziato il nuovo capitolo della mia vita. Ho scoperto che tantissimi mi avevano letto e sono diventata, anzi sono tornata a essere Maria Pia Gardini, quella che conoscevo un tempo. [...] Qualche giorno dopo ho ripetuto l’intervista al St. Petersburg Times, uno dei quotidiani più popolari in Florida. Non mi aspettavo assolutamente un effetto simile. Il mio telefono suonava in continuazione. E della signora italiana che aveva scalato le vette della tecnica in Scientology prima di precipitare nel baratro iniziarono a occuparsene anche i giornali e le trasmissioni televisive del mio Paese.» (ibidem, pag. 135)

Dopo essersi sentita una celebrità all'interno di Scientology, la Gardini scopre di potersi considerare una celebrità come sua accusatrice, e da quando:

«fa parte dell’Associazione per la Ricerca e l’Informazione sulle Sette, i suoi impegni si sono moltiplicati. «Sono molte le persone che [...] mi cercano per avere indicazioni ...», spiega. A tutti risponde. Non c’è convegno o seminario che tratti dei nuovi movimenti religiosi ... al quale non sia invitata.» (ibidem, pag. 139)

La notorietà, gli inviti a convegni, le interviste coi giornalisti, essere considerata una sorte di eroe civile, apparire su giornali e TV. Sirene a cui è difficile resistere per chi si ritrova con alle spalle un matrimonio fallito "dopo tre anni", un secondo matrimonio finito "dopo appena 6 mesi", una figlia che già a 17 anni esce di casa incinta e a 19 è una tossicodipendente. Mentre "io la trascuravo dedicandomi anima e corpo al cinema" (ibidem, pag. 137). Attività che per di più verranno entrambe dichiarate fallite (dopo che le aveva avviate con il denaro del padre e la madre tentò inutilmente di salvarle con nuovi finanziamenti).

Ma torniamo al fatto che quando scompare la figlia avrebbe dichiarato: "io me ne vado, non ho più ragione di rimanere" (e "Morta mia figlia, ... io ho sbattuto la porta", "Come è morta mia figlia, naturalmente, ho preso la porta e senza sbatterla sono uscita"). Si trovava in America dove era "l'auditor con la produzione più alta" (17), quando dall'Italia riceve la notizia che la figlia è in fin di vita. Logicamente si precipita in Italia, non prima però di compiere due azioni meno logiche per chi ritiene Scientology solo "fuffa". Due azioni che dimostrano che al pari degli altri "scemologi" (come ama dire la Gardini, il che comprende anche la figlia dato che "lei ci credeva, ci ha creduto fino in fondo"), anche Maria Pia Gardini crede nell'efficacia dei procedimenti ideati da Hubbard quando nell'affidavit dichiara:

  1. «Poco prima di partire avevo chiesto al senior C/S, Kathy Webb, di darmi un programma per audire mia figlia. L'avrebbe aiutata fisicamente.»
  2. «Acquistai il pacco [di OT 8 - ndr] prima di tornare in Italia.»

In merito al primo punto, nella deposizione alla Commissione Giustizia la Gardini dichiara: "Mia figlia è morta chiedendo di fare il funerale di Scientology. Il marito di mia figlia era scientologo, mentre io non ci credevo".

In merito al secondo punto, nell'audizione del 9 maggio la Gardini dichiara:

DOMANDA: (08:57) «Lei ha fatto questi trattamenti?»
GARDINI: «Fino alla fine, fino all'ultimo. Perché siccome li avevo pagati tutti assieme avendoci - non dico creduto - ma pensavo, se mia figlia... mia figlia non è deficiente quindi, senz'altro qualcosa ci sarà. E allora dato che li avevo pagati li ho voluti fare fino alla fine.»

(In merito all'affermazione "dato che li avevo pagati li ho voluti fare fino alla fine", va segnalato che stando a quanto si legge su "I miei anni in Scientology" (pagg. 41-55) non corrisponde al vero. La Gardini segue il modo consueto di procedere: compra un pacchetto di auditing, raggiunge il relativo livello spirituale, poi compra un nuovo pacchetto ecc. L'ultimo, OT 8, lo compra addirittura quando sta per tornare in Italia al capezzale della figlia ormai in fin di vita.)

La figlia muore il 18 novembre del 1990 e la Gardini racconta nel suo affidavit che già "il 29 novembre, 11 giorni dopo la morte di mia figlia, tornai a Flag" (in Florida).

Sempre nell'affidavit dichiara che arrivata in America "tornai immediatamente al lavoro" e poco dopo si reca sulla Freewinds, la nave da crociera di Scientology, per fare OT 8 (acquistato poco prima, dopo aver saputo che la figlia era ricoverata in fin di vita). In dicembre 1990, un mese dopo la scomparsa della figlia acquista "anche un braccialetto d'oro con l'insegna di OT del costo di migliaia di dollari" (ibidem). Per la precisione sette milioni di lire.

Siamo alla fine del 1990. La Gardini continuerà ancora a lungo ad essere un ufficiale della "Sea Org", il corpo di élite di Scientology, a dare auditing ai clienti paganti e a fare donazioni in denaro; fino "alla fine del 1994". (ibidem).

Alla commissione giustizia la Gardini ha sostenuto che "Per uscire da Scientology bisogna fare una trafila lunghissima". In parte è vero, nel senso che l'iter è piuttosto lungo, ma anche qui vanno chiariti alcuni punti.

Il primo è che a pagina 348 del "Libro nero delle sette in Italia" si apprende che a ottobre del 1991, a quasi un anno dalla morte della figlia, l'iter di uscita era iniziato da appena "qualche settimana", il che non corrisponde molto al "Come è morta mia figlia, naturalmente, ho preso la porta".

Il secondo aspetto da considerare è il motivo sottostante a questa decisione di lascare il gruppo. La Gardini racconta che alla morte della figlia – com'è naturale – si sentì:

«privata di ogni emozione e della voglia di vivere: ero una donna finita, con uno strazio talmente grande nell'anima da non aver voglia di niente.» (ibidem, pag. 347)

La Gardini decise quindi di:

«chiudere definitivamente con quella vita, per restare accanto ai pochi membri della famiglia rimasti.» (ibidem, pag. 347)

È quindi a causa di questa straziante inconsolabile sofferenza causata da una perdita così drammatica, e per stare vicino ai suoi famigliari, che la Gardini decide di tornare in Italia, e non per la decaduta minaccia di "disconnessione". Decisione che peraltro rientrerà di lì a poco.

Al pari di ogni altro adepto, anche la Gardini era in Scientology perché ci credeva (e non per cercare di "tirare fuori la figlia", oppure per la minaccia della "disconnessione", ecc.). Diventa comprensibile che successivamente, quando di nuovo deciderà di uscire, volesse "lasciare l'Organizzazione nel migliore dei modi, senza litigi o incomprensioni" (ibidem, pag. 348) e che accetti di sottoporsi all'iter previsto per l'uscita dalla Sea Organization (e non da Scientology, ma dalla struttura "di élite" di Scientology).

Il terzo aspetto è che, volendo, la Gardini avrebbe potuto benissimo salire sul primo aereo e andarsene senza nemmeno salutare; niente glielo impediva.

Dal forum FIRS (free.it.religioni.sientology), 19 gennaio 2009:

«Quello che continuo a non capire è perché, dopo aver aderito a Scientology senza crederci e solo per amore di tua figlia, ... sei rientrata [in America - ndr] per completare il "percorso di uscita" ... Non potevi semplicemente prendere la porta come hanno fatto tanti altri prima di te?»

«Avevo una casa a Clearwater che avevo messo in vendita e quindi dovevo andare a fare il contratto e quando sono arrivata all'aeroporto di Tampa invece del taxi per andare a casa c'era ad aspettarmi il pullmino di Flag.»

Capitolo 4 - La questione della droga

DOMANDA: (37:02) «Inizialmente, mi sembrava di avere capito che sua figlia entrò in Scientology perché aveva dei problemi di droga.»
GARDINI: «Dunque, le spiego subito. Io di droghe non ne sapevo niente nell'82. Quindi quando mia figlia venne da me e mi disse: "Mamma io ho fatto uso di droga, non ne voglio più, non è la mia vita, aiutami a uscirne", mi rivolsi a degli amici.»

Una affermazione simile la si trova anche nell'intervista alla TV svizzera RSI:

«Un giorno venne da me e mi disse mamma, non è il mio genere di vita voglio uscirne. Io nell’82 veramente di droga non sapevo niente

Analogamente, nel "Libro nero delle sette in Italia" si legge:

«io non ho mai assunto droghe in vita mia.» (pag. 345).

Le cose non sembrano stare così. Nel 1980 la madre della Gardini presenta al Tribunale di Roma una istanza di inabilitazione della figlia Maria Pia - all'epoca 43enne - in cui si parla di "abuso abituale di sostanze stupefacenti" e di una "ormai acquisita tossico-dipendenza".

Questa richiesta di interdizione non svela appena un'affermazione non veritiera della Gardini, ma configura uno scenario nuovo in merito all'intera testimonianza della Gardini, fornendo anche una possibile spiegazione alle numerose contraddizioni contenute nelle sue dichiarazioni. Sono svariati gli episodi citati a supporto di un'affermazione così severa. Vediamone solo alcuni che, come sostiene la richiesta di inabilitazione:

«potranno di per sé illustrare lo stato di disintegrazione psichica e forse anche mentale cui è giunta la figlia della ricorrente.
- Tempo addietro, per non parlare di altri episodi ormai lontani nel tempo e non facenti più notizia, la Di Gasparro [cognome originario di Maria Pia Gardini, successivamente adottata dal padre naturale Mario Gardini, marito della ricorrente - ndr] immotivatamente andò diffondendo la notizia che la ricorrente era deceduta per cui questa dovette rispondere personalmente alle molte condoglianze, scritte e telefoniche, che pervennero;
[...]
- Nell'anno 1979, anno in cui la Di Gasparro trasferiva la propria residenza dall'Isola del Giglio a Roma, la ricorrente consegnò alla propria figlia la somma di L. 100.000.000= per l'acquisto di un appartamento. L'appartamento era stato invece contrattato per la somma di L. 76.000.000= e la Di Gasparro non versò nemmeno l'intero prezzo perché, come si evince dall'allegata fotocopia di cambiale (doc. n. 7), ella rilasciò le cambiali stesse al venditore che le garantì con iscrizione ipotecaria sull'immobile (v. retro cambiali). Alla scadenza dei due effetti, ad evitare che il pregiudizio finisse per ricadere sulla figlia della Di Gasparro, nipote della ricorrente, Sig.na Federica *** nata a Bologna il 28 novembre 1960 che da tempo convive con la ricorrente, la ricorrente Baldovino Gardini Maria Vittoria intervenne facendo addebitare sul proprio conto corrente l'importo delle due cambiali (doc.n.8);
- Per l'ormai acquisita tossico-dipendenza la Di Gasparro non esita ad emettere assegni a vuoto che la ricorrente, pur sempre madre dell'infelice "Puccj", ricopre con i propri fondi (doc.n.9, 10, 11 e 12); così pure non esita, come si teme, ad emettere ricette false, su falsi ricettari, per procurarsi il Talvin o sostanze psicotrope espondendosi, così, al rischio di pesanti condanne penali (v. allegata sentenza 2.5.79 rinvio a giudizio del Tribunale di Grosseto - doc.n.16);» (richiesta inabilitazione, pagg. 2 e 3)

La madre chiede l'inabilitazione della propria figlia, perché:

«da alcuni anni mostra un sempre più marcato e progressivo scadimento dei poteri inibitori e di controllo delle proprie azioni»

Il provvedimento si "rende più pressante" perché la madre è:

«ormai avanti con l'età e non può sapere fino a quando le sarà consentito di poter riparare i guasti che la figlia Puccj va continuamente operando.»

Guasti che esporrebbero:

«a indigenza non solo l'inabilitanda ma anche la figlia Federica ora appena diciannovenne.»

Un quadro giustificato oltre che da quanto appena riportato, anche da:

«un giro vorticoso di effetti cambiari emessi quale amministratore unico della PAL Cinematografica" che "proiettano tenebrose ombre di responsabilità a suo carico;»
il ripetuto dover «far fronte al pagamento di obbligazioni allegramente e sconsideratamente lasciate insolute dalla propria figlia.» (segue elenco delle obbligazioni);

Questa richiesta di inabilitazione chiarisce ulteriormente anche la questione della "disconnessione", già trattato nel secondo capitolo, cioè il presunto ricatto operato da Scientology per costringerla ad aderire al gruppo. Questo documento conferma in modo definitivo ciò che la Gardini lascia trasparire in "I miei anni in Scientology", quando (smentendo le versioni precedenti) racconta che in Scientology:

«Io, ci sono entrata per paura. E, ammetto, per debolezza e rimorso materno. È stato troppo forte in me il timore di perdere mia figlia. E angosciata dalla paura di non vederla più, ho provato a seguirla.
Quel giorno arrivò una telefonata di Federica che mi fece accapponare la pelle: era già stabile a Milano, ed era già clear. “Vieni a trovarmi a Roma?”, le dissi. “Sì, mamma, ma c’è una cosa che voglio dirti: sono in Scientology e intendo restarci, faccio l’auditor di classe 5, tu, invece, stai male, bevi e vivi in un mondo senza morale. E in più non ti piace quello che faccio”, così mi gelò e poi aggiunse: “Perciò, non posso più stare accanto a te”. Un addio? Era il suo ultimatum, mi stava disconnettendo con la convinzione lucidissima di chi credeva ciecamente in ciò che faceva. Quel giorno capii che dovevo seguirla, a ogni costo. Anche all’inferno.» (pag. 136)

Il brano descrive in modo palpitante l'angoscia di una madre che è cosciente di non essere "stata un'ottima madre" (18) e si sente "in colpa". Una madre che presa dal "rimorso materno", di fronte a un ultimatum si scuote e prova a ricostruire il rapporto con la figlia. Dopo alcuni anni, grazie al comune interesse (Scientology), la Gardini potrà dire che "i rapporti con mia figlia sono migliorati tantissimo: ora parliamo finalmente la stessa lingua" (19), e successivamente, quando la figlia scrive un biglietto elogiativo della sua competenza come auditor, potrà dire che quel riconoscimento fu:

«la meta finale di un lungo, impervio cammino che una mamma ha intrapreso per rivedere sua figlia e rivedersi come madre; per riconquistare Federica.» (I miei anni in Scientology, pag. 94)

La testimonianza della madre di Maria Pia chiarisce che quando la figlia le dice "non posso più stare accanto a te", siamo di fronte all'espressione del disagio di una figlia per una madre che "sbevazza", che costringe i famigliari a un perenne stato d'ansia per i debiti "sconsideratamente lasciati insoluti", per "i guasti che va continuamente operando". Una madre che ha procedimenti penali a carico, che fa "abuso abituale di sostanze stupefacenti", che vive "in un mondo senza morale". E che non vive neppure con lei, lasciando che sia la nonna a farsene carico, visto che Federica "da tempo convive con la ricorrente".

In "I miei anni in Scientology" la Gardini conferma questa convivenza, raccontando che quando la nonna scoprì "che la nipote si drogava, cercava di nascondermelo pur di tenere Federica con sé" (pag. 31). Quello della nonna si rivelerà un timore infondato, visto che: "sapevo tutto, perché avevo visto mia figlia far uso d’eroina." (ibidem) e nulla cambierà.

Qui non abbiamo un caso di disconnessione (che comunque viene adottata in altri contesti): qui c'è solo una figlia che comprensibilmente prende una decisione che non si può biasimare.

Crea non poco disagio, per chi scrive, dover ripercorrere momenti tanto privati e dolorosi di una donna scomparsa in giovane età (e della tragedia di una madre che ha perso una figlia), ma è la Gardini che la mette in mezzo ogni momento, che "Non si ferma nemmeno davanti ai morti" (20), e la "tira in ballo" in modo pretestuoso per farsene scudo e per trarne un vantaggio personale. È lei che non la rispetta neppure da morta quando a Repubblica TV afferma (21) che con lei i rapporti "erano buoni, erano ottimi, erano intensi e tutto quanto", mentre lei stessa ammette che per "rivedersi come madre" è stato necessario percorrere "un lungo impervio, cammino". È la Gardini che nel "Libro nero delle sette in Italia" definisce i rapporti con la figlia un "idillio" (pag. 341) ma per colpa di Scientology e dei sui ricatti si rompe l'incantesimo.

Note:
(1) http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2536a90a-17ac-4bd...
(2) A. Laggia, M. P. Gardini, "I miei anni in Scientology", Paoline Editoriale Libri, 2007
(3) C. Boschetti, "Il libro nero delle sette in Italia", Newton Compton Editori, 2007.
(4) http://www.lermanet.com/misc/MariaPiaGardni1.htm
(5) OT è la sigla di Thetan Operante; i livelli OT sono i più alti gradi spirituali raggiungibili.
(6) http://la1.rsi.ch/archivio_storie/welcome.cfm?idg=0&ids=1803&idc=40422
(7) "prima quasi scherzando, poi con insistenza sempre maggiore, mi propose di seguirla in Scientology. "Perché non lo fai anche tu? Ti farà bene, mamma ... E così la proposta di Fede non mi sembrava da scartare a priori ... Ma sì, mi dissi, che male mi può fare?", "alla fine mi sentii meglio. Allora decisi di continuare", "domandai se fosse possibile acquistare ulteriori ore di auditing"
(8) http://video.repubblica.it/cronaca/i-miei-anni-in-scientology/13574/14808
(9) http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/03/05/s...
(10) "Vi racconto Scientology", di Luciano Scalettari, Famiglia Cristiana, 17-2-2002
(11) Il libro nero delle sette in Italia, pag. 343.
(12) Ibidem, pag 345.
(13) Dal forum Ex-Scientology - http://groups.google.com/groups/exscn
(14) Ibidem.
(15) Affidavit.
(16) La Gardini si definisce il "nemico pubblico numero uno" di Scientology (intervista TV svizzera)
(17) Affidavit
(18) Intervista a "Mi manda rai 3" del 17-10-2008, disponibile qui: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9783cbe8-4b49-44e...
(19) I miei anni in Scientology, pagina 74
(20) Dal forum Ex-Scientology - http://groups.google.com/groups/exscn
21) http://video.repubblica.it/cronaca/i-miei-anni-in-scientology/13574/14808

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La lista delle dichiarazioni contraddittorie, vale a dire false e inattendibili, sarebbe ben più lunga. Ci limitiamo a questi pochi esempi, ma quasi ognuna delle dichiarazioni della signora Gardini, considerate “fondamentali” dalla Senatrice Allegrini, potrebbe essere smentita dalle sue stesse parole.

Tralasciando momentaneamente tutte le considerazioni sviluppate in questo e in precedenti articoli riguardo la documentata contiguità tra la S.A.S., il forum anti-sette e certi parlamentari, quanto sopra fa emergere altre domande riguardo il comportamento della Commissione Giustizia del Senato nell’elaborazione del disegno di legge n. 569 “Disposizione concernenti il reato di manipolazione mentale”.

Come mai i Senatori Allegrini e Caruso, per citarne solo alcuni, sono così disponibili ad accettare testimonianze quanto meno dubbie e non le verificano quanto ad attendibilità? Perché prediligono le dichiarazioni degli anti-sette e intrattengono rapporti privati e diretti con loro? Perché non dispongono l’audizione di rappresentanti dei gruppi religiosi criticati dal forum anti-sette? Perché danno spazio a giornalisti che sono evidentemente sfavorevoli alle “sette” e non convocano veri accademici e studiosi?

Tutto questo considerato, pare che una scheggia impazzita del potere esecutivo stia interferendo, tramite gruppi anti-sette privati, sul processo di ricerca di una parte del potere legislativo (la Commissione Giustizia), per introdurre nel codice penale un reato di stampo fascista a discapito dei diritti costituzionali.

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18 giugno 2012